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Cosa devi fare se la banca blocca il tuo conto corrente

I motivi del blocco di un conto possono essere diversi, così come sono diversi gli strumenti con cui il correntista può fare valere i propri diritti. Ecco cosa sapere e come comportarsi

Cosa devi fare se la banca blocca il tuo conto corrente
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I casi in cui una banca blocca un conto corrente sono diversi e non a tutti si può porre rimedio in tempi brevi. Ci sono però degli spazi di azione a disposizione dei correntisti, i quali devono conoscere i propri diritti per potere agire.

Il blocco di un conto corrente viene quasi sempre disposto ai sensi di una legge e solo in pochi casi viene imposto in via cautelativa. Infine, in alcuni casi, si può presentare un ricorso d’urgenza ai sensi dell’articolo 700 del Codice di procedura civile.

Il blocco del conto cautelativo

Avviene soprattutto nelle relazioni home banking quando la banca ritiene che siano state effettuate operazioni sospette o rivela un numero sensibile di tentativi di accesso non andati a buon fine. Quando il correntista si accorge di non avere più accesso al conto può consultare il servizio clienti della propria banca ed è un’azione che, normalmente, è sufficiente a ripristinare la situazione.

Al di là di questo caso, ce ne sono altri le cui soluzioni sono più complesse.

Inadempienze e antiriciclaggio

La banca può bloccare un conto corrente a causa delle inadempienze del correntista, tipicamente si parla di scoperti. Salvo ulteriori concessioni, l’unico mezzo per ripristinare la situazione è quella riportare in attivo il saldo.

La questione antiriciclaggio è diversa. Le banche sono obbligate per legge a sottoporre ai correntisti un questionario sull’antiriciclaggio e a chiedere loro di aggiornarlo con una certa periodicità.

Quando la banca chiede al correntista di riempire il formulario gli assegna 60 giorni di tempo per procedere e, scaduto il termine, deve bloccare il conto corrente.

Per ripristinarlo, in questi casi, basta fare pervenire il questionario alla banca insieme alla documentazione che questo prevede (ossia i dati personali, quelli patrimoniali e un documento di identità).

Pignoramento dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate comunica alla banca e al cittadino di avere disposto il blocco del suo conto (o dei suoi conti). In questo caso il conto resta bloccato per una cifra corrispondente al massimo al 150% del debito. Per fare un esempio, se l’Agenzia delle Entrate vanta un credito di 10.000 euro, può chiedere alla banca di bloccare al massimo 15.000 euro.

Dal momento del blocco del conto il cittadino ha 60 giorni di tempo per intraprendere una di queste due azioni:

  • Pagare il debito in un’unica soluzione
  • Chiedere la rateizzazione del debito, eventualità nella quale, dopo il pagamento della prima rata, il conto viene sbloccato.

In difetto di una presa di posizione da parte del correntista, a fare stato dal sessantunesimo giorno, la banca gira all’Agenzia delle Entrate la somma richiesta.

Pignoramento da parte di un creditore privato

Privati o imprese che vantano un credito nei confronti di una persona possono chiedere a un magistrato di bloccarne le relazioni bancarie.

Il pignoramento ha effetti limitati se sul conto confluiscono stipendi, pensioni o redditi simili. C’è anche un limite temporale.

Dalla disponibilità del conto prima della notifica dell’atto esecutivo possono essere pignorati soltanto 1.510 euro (tre volte l’assegno sociale pari a 503,27 euro).

Gli averi depositati sul conto a partire dal momento in cui l’atto è stato modificato possono essere pignorati solo in ragione di un quinto. Se, per esempio, lo stipendio del correntista è di 1.500 euro, possono essere pignorati soltanto 300 euro, norma questa a cui non si adeguano ulteriori altri proventi che possono essere interamente pignorati.

Una via alternativa a questa eventualità è la conversione del pagamento.

Conversione del pagamento

È un metodo con il quale il debitore può chiedere a un giudice che il conto corrente venga esonerato dal pignoramento, condizione resa possibile dal suo impegno a mettere a disposizione del creditore un importo che il giudice stesso deciderà, tenendo conto degli interessi e di eventuali spese. Una somma che il curatore della procedura esecutiva verserà al creditore quando verrà pagata l’ultima rata.

Prima di considerare il ricorso d’urgenza, vale la pena illustrare come reagire nel caso in cui un conto venisse bloccato a causa del decesso del correntista.

Decesso del correntista

Quando il correntista decede le sue relazioni bancarie vengono bloccate in modo automatico. Per sbloccarle la banca ha 30 giorni di tempo da quando entra in possesso della dichiarazione di successione la quale, a sua volta, può necessitare di un termine di tempo variabile a seconda della complessità della procedura.

Il ricorso d’urgenza

Ci sono dei casi in cui una banca blocca un conto senza che se ne comprenda il motivo. Può sembrare un’astrusità ma non lo è affatto, tant’è che il legislatore ha previsto una procedura d’urgenza che copre anche tale eventualità.

Una tutela garantita dall’articolo 700 del Codice di procedura civile che può essere concessa dal giudice quando:

  • protegge i diritti fondamentali dell’individuo
  • protegge i diritti patrimoniali utili a garantire la possibilità di condurre una vita dignitosa soddisfacendo i propri bisogni essenziali
  • evita un danno irrimediabile.

Un’ordinanza del tribunale di Roma del mese di dicembre 2022 ha obbligato Poste Italiane a ridare accesso al conto a un cittadino che è riuscito a dimostrare l’entità del danno che avrebbe subito se non avesse potuto accedere ai propri averi.

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