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LeBron James riscrive la storia: infranto il record di punti di Kareem Abdul-Jabbar

A 38 anni suonati il Prescelto riesce nell’impresa con oltre cento partite in meno rispetto al detentore: nessuno come lui da quando negli Usa rimbalza la palla a spicchi. Il record ora sale a 38.390 punti

LeBron James riscrive la storia: infranto il record di punti di Kareem in Nba

Trentottomila punti fa e poco più la vita era un posto differente. Chissà se LeBron James ha avuto il tempo per rimuginarci su per una manciata di istanti, avvinto dai riflettori opprimenti e dall’insensatezza della sua impresa. Chissà se ha ripensato a quando, trentacinque anni fa, quel compagno di mamma l’ha scansato dal wrestling pompato nella tv del salotto, per consegnargli un pallone da basket.

Magari quelle sono frattaglie che sfumano troppo in dissolvenza. Più facile che abbia estratto da un recondito cassetto quel suo debutto a Cleveland, un giorno meno sbiadito di vent’anni fa. Alla prima con i Cavs il suo tabellino sfrigolava: 25 punti, 6 rimbalzi, 9 assit, 4 palle rubate. Roba che da quelle parti non avevano intravisto nemmeno nei sogni migliori. Come se una navicella extraterrestre l’avesse scaricato giù di botto.

Difficile che nel tepore divampante dell’abbraccio collettivo abbia potuto pensare a molte di queste cose. Ha avuto tempo per prepararsi, certo, ma deve ancora realizzare. Con i canestri inanellati ieri notte contro Oklahoma, il Prescelto ha finalmente infranto l’invulnerabile record di Kareem Abdul - Jabbar. Quei 38.387 punti parevano una montagna impraticabile per chiunque. L’uomo del “Gancio cielo” fluttuava sospinto da correnti rarefatte, ad un livello superiore per chiunque. Ma non per LeBron.

Lo aveva messo nel mirino da oltre un anno, anche se di scontato non c’era proprio nulla. La ventesima stagione di fila portava in dote sentimenti scricchiolanti. I trentotto anni stampati sulla sua anagrafica intiepidivano le speranze. Lui però è salpato per questa nuova impresa scansando i menagramo di turno. Ha viaggiato all’oltraggiosa media di trenta punti a partita. Ha incollato un mattoncino sopra l’altro. Si è aggrappato al gancio di Jabbar ed è salito oltre.

Adesso il contatore recita - impietoso per tutti quegli altri - 38.390. Un record reso ancora più maestoso dalla circostanza che LeBron l’ha afferrato giocando 150 gare in meno di Kareem: 1410 lui, 1560 il suo predecessore. C’era anche lui, l’altra notte, a scrutarlo tra la folla raccoltasi in ossequiosa trepidazione, quasi il match fosse una liturgia laica, per vederlo demolire le statistiche. Sul parquet liscio di Los Angeles, ad una spanna da chi aveva sborsato centomila dollari per catturare un raggio di storia, il Re ha battuto ancora una volta lo scettro, reclamando la sua personalissima fetta di storia.

E chissà cosa avrà pensato, quando quell’esatto tracciante ha accarezzato la retina, facendo mugolare migliaia di cuori in ogni angolo del globo. Pazienza per gli altri sherpa della palla a spicchi che hanno provato ad arrampicarsi fin qua. Loro di certo non hanno peccato di presunzione. Non era inciampato nei tranelli della tracotanza nemmeno il lunghissimo Kareem, con la sua umanissima invenzione cestistica. Semplicemente non potevano saperlo, che gli alieni giocano un altro campionato.

Le pupille inamidate erano sicuramente dedicate a mamma Gloria, all'epoca sedicenne problematica che l’ha tirato su in qualche modo. A sé stesso, per avere abbinato una dedizione totale al talento genetico, così da non dilapidarlo. A chi lo ha sostenuto nei rimbalzi non sempre leggibili della vita. Da oggi c’è un nuovo Sovrano nella città della palla a spicchi americana. Era già un re.

Ora ne diventa di diritto imperatore.

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