Politica

BASTA MINACCE IN PRIMA PAGINA

PAOLO GUZZANTI Non faremmo meglio a smetterla di fare da cassa di risonanza a tutte le minacce di Al Qaida e soci? La situazione che viviamo oggi ripercorre stancamente quella dei tempi delle Brigate rosse: leggi speciali o no, applicare il silenzio stampa o no. Non sono decisioni semplici, ma più che altro non si può mettere il bavaglio alla stampa che ha il diritto e anzi il dovere di dare sempre tutte le notizie.
C’è però una differenza con i tempi della guerriglia comunista italiana che era nei suoi componenti più numerosi italiana, anche se siamo ormai documentatamene sicuri che quel terrorismo avesse le sue menti direttive a Praga e a Mosca. Quel terrorismo spediva comunicati complessi e astuti, anche se era d’obbligo definirli farneticanti. Ma avevano una matrice sicura: si controllavano le matrici delle testine scriventi (computer e stampanti erano ancora agli albori) e si certificava con un marchio di qualità tecnologica l’origine dei comunicati. Se qualcuno si metteva in mezzo con falsi comunicati, il trucco era visibile.
Oggi, grazie ad Internet, ognuno può fare senza rischi e nessuna spesa la guerra che gli pare, pubblicare sui siti più strampalati minacce e comunicati e trovare ascolto, vedersi commentato, pubblicato, messo nelle liste dei servizi di sicurezza e farsi la sua losca e truce pubblicità al mercato nero del terrore e delle guerre asimmetriche e vili. Adesso queste brigate Al Masri minacciano l’Italia, minacciano l’Europa e rivendicano la turpe strage di Londra e oggi promettono di colpire il cuore dell’Europa, o l’Europa al suo cuore dopo aver rivendicato stragi e morte di innocenti in Irak, in Israele e dovunque i loro uomini agiscano. Con l’occasione ci ricordano ciò che già sapevamo e cioè che loro amano la morte così come noi amiamo la vita. Ed è proprio così: loro sono felici di morire come noi siamo felici di vivere e in questo i nuovi nazisti islamici si dimostrano uguali a tutti gli altri nazisti e fascisti che si celebravano con ossa di morto e teschi, farneticavano di suicidi eroici come in Giappone. La loro civiltà rivendica la morte e noi la vita, questo è ciò che ci divide e separa e ciò che obbliga loro a considerare la nostra gioia di vivere, la nostra voglia di libertà e di felicità come un crimine insopportabile. Tutto vero, tutto vecchio. E già Londra ha dato la sua risposta di compostezza e di disinnesco del processo del terrore. Grande e decente popolo, quello britannico. Dio non voglia che questi nemici della vita, della libertà e della felicità vengano a colpirci in casa. Ma dobbiamo essere pronti, in quel disgraziato caso, a sopportare con dolore e con dignità la ferita degli assassini e dei vili.
Ma prima di tutto, ci sembra, è ora di staccare la canna dell’ossigeno della notorietà e della prima pagina a questa gente (per questa ragione qui non trovate notizia delle minacce) e dare una prima dimostrazione non di silenzio (non proponiamo nessuna censura), ma di asciuttezza e di non eccitazione.
Il loro strumento è il terrore, l’effetto del terrore, il panico, la depressione collettiva. La sola risposta forte, non eccitata e pacata da dare è quella di mostrare la nostra capacità di disinnescare l’effetto del terrore, non rinunciare a raggiungere e castigare senza esitazione i criminali, reagire compostamente, non concedere più il clamore dei grandi titoli alle minacce e, come diceva il presidente americano Theodore Roosevelt, «parlare a bassa voce, ma impugnando un nodoso bastone».


La questione a nostro parere riapre però la questione giuridica sullo stato di guerra che abbiamo già avanzato: l’estremismo islamico è in guerra con noi, non per nostra scelta e noi dunque, non per nostra scelta, siamo in uno stato di guerra e non ci sembra che la guerra la debbano fare le Procure o le super Procure, ma chi per mestiere serve lo Stato con gli strumenti che sono propri della guerra, non della lotta alla criminalità.

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