Beast, la mascotte di Facebook Zuckerberg iscrive il suo cane

Per rispondere alle critiche sulla scarsa protezione dei dati sul suo social network, il ventiseienne spinge con il suo esempio gli utenti a lasciarsi andare

Beast, la mascotte di Facebook 
Zuckerberg iscrive il suo cane

Non si può certo dire che Mark Zuckerberg, il geniale fondatore di Facebook, non sia coerente con la sua filosofia di vita. Siccome mezzo mondo criticava il prestigioso social network, con oltre seicento milioni di iscritti, per via della scarsa protezione dei dati personali e privati inseriti dagli utenti, il miliardario ventiseienne ha deciso d’inserire il proprio cane sulla sua pagina online. Da qualche giorno, infatti, “Beast” (letteralmente: “Bestia”) è visibile in rete e col suo tenero musetto può già contare su tremila fans. La cosa più curiosa è che questo cucciolo di cane da pastore ungherese, nato a gennaio, è stato registrato come “persona dalla vita pubblica”, con buona pace di chi si allarma, perché presto, anche da noi, i quadrupedi potranno frequentare, insieme ai loro padroni, locali, ristoranti, spiagge e bar, così come auspica il ministro Michela Brambilla. Un cagnolino-mascotte fa sempre buona immagine, del resto, come si evince guardando la scena internazionale, dove il fedele amico peloso di Obama e famiglia, per esempio, ha tenuto banco per mesi sui media. Sicchè non stupisce che Zuckerberg voglia informarci su come fa a gestire l’adorato Beast insieme alla fidanzata, Priscilla Chan. Usi, costumi, vezzi e abitudini del fortunato cagnolino vengono così messi a disposizione di chiunque voglia scuriosare nella vita privata di Mark. Le numerose foto di “Bestia”, poi, attraggono sia chi ama gli animali sia chi voglia sentirsi, in qualche modo, “intimo” di casa Facebook.

Naturalmente, il giovane miliardario non fa niente per niente: con il suo esempio cerca di spingere gli utenti del social network a lasciarsi andare, magari rendendo più disponibile anche un piccolo spaccato della propria esistenza. Ed è noto che l’aggressiva partita economica tra i social network, al momento, si gioca proprio sulla raccolta dei dati e sul loro controllo. Se, infatti, nel maggio del 2010 Facebook è stato costretto – dalle crescenti lamentele – a costruire un piccolo muro intorno ai dati sensibili degli utenti, con una serie di opzioni vòlte a tutelare maggiormente la privacy, adesso scocca l’ora di un diverso rastrellamento. Giocato, magari, sul versante “friendly”: il proprio animale da compagnia. Nel frattempo, i diciassette miliardari Usa più influenti hanno aderito al progetto benefico di Warren Buffet e di Bill Gates, il fondatore di Microsoft, mirato ad aiutare giovani bisognosi. Mark Zuckerberg ha personalmente devoluto cento milioni di dollari alle scuole disagiate di Newark, vicino alla Grande Mela. Però non ha detratto tale somma importante dal proprio conto bancario, bensì dalle quotazioni di Facebook, quotata quaranta miliardi di dollari. “E’ ingiusto che giovani di talento debbano aspettare d’invecchiare, per fare carriera”, ha detto Mark, presentando la donazione da perfetto testimonial di quanto afferma.

Sembra di stare ancora dalle parti dello slogan “il privato è il politico”, in voga da noi nei Settanta di piombo. Solo che Zuckerberg è americano e segue l’ideologia dei pionieri western: spingere la frontiera un po’ più in là. Magari a colpi di musetto.

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