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Alzheimer, attenzione alla cosiddetta "pancetta"

Il grasso viscerale è un fattore di rischio per lo sviluppo di questa malattia. Lo dimostra un nuovo studio

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Con circa 24 milioni di malati in tutto il mondo, il morbo di Alzheimer è la più comune forma di demenza e, sebbene colpisca prevalentemente i soggetti di età avanzata, non sono rare le diagnosi in individui giovani. Aspetto chiave di questa malattia neurodegenerativa è l'atrofia cerebrale, una condizione che si traduce in una graduale e irreversibile perdita delle funzioni cognitive. L'atrofia è particolarmente marcata in due aree cerebrali: l'amigdala e l'ippocampo.

Se all'interno dei neuroni si evidenzia la presenza di placche del cosiddetto peptide beta-amiloide, all'esterno sono stati invece individuati ammassi neurofibrillari di proteina Tau. Purtroppo, poiché i casi sono in continuo aumento, il morbo di Alzheimer viene considerata una vera e propria emergenza non solo medica, ma anche sociale.

Le cause del morbo di Alzheimer

Le cause del morbo di Alzheimer sono ancora sconosciute, tuttavia si ritiene che esso sia l'esito di una combinazione di fattori genetici e ambientali. Da un punto di vista genetico è stato da tempo appurato che esiste una connessione tra la patologia e la mutazione di determinati geni: APOE-e4, APP, PSEN1, PSEN2. Ma anche C4A, PVRL2 e APC1.

Gli scienziati del Centro tedesco per le malattie neurodegenerative, scoprendo il legame tra il morbo di Alzheimer e la proteina Medin, hanno compiuto un importante passo avanti per la comprensione del disturbo. La proteina Medin, come abbiamo spiegato in questo articolo, si deposita nei vasi sanguigni cerebrali e si aggrega alla proteina beta-amiloide.

Attenzione, infine, ai fattori di rischio:

  • Età avanzata
  • Sesso femminile
  • Traumi cranici
  • Ipercolesterolemia
  • Ipertensione
  • Sindrome di Down
  • Declino cognitivo tipico della vecchiaia
  • Diabete di tipo 2
  • Fumo di sigaretta.

Il morbo di Alzheimer e il grasso viscerale

Uno studio pubblicato su Aging and disease, che verrà presentato al congresso annuale della Radiological Society of North America, ha rivelato che la presenza del grasso viscerale in eccesso nei soggetti di mezza età è correlato al rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer ed è altresì indicativo della malattia fino a 15 anni prima dell'avvento dei sintomi iniziali. Secondo uno degli autori, Mahsa Dolatshani della Washington University School of Medicine a St. Louis, questa è la prima ricerca che collega un tipo specifico di grasso alla demenza in persone cognitivamente normali.

Il grasso viscerale si accumula attorno agli organi interni come fegato, intestino e cuore a causa di una dieta ipercalorica e dell'assente o scarsa attività fisica. Se da una parte esso è fondamentale per immagazzinare l'energia in eccesso, dall'altra non bisogna dimenticare che produce anche ormoni e sostanze infiammatorie. A lungo andare tali ormoni sono in grado di scatenare una flogosi cronica e generalizzata che è considerata un vero e proprio fattore di rischio per le malattie cardiovascolari.

Lo studio

Allo studio hanno partecipato 54 individui cognitivamente sani di età compresa fra i 40 e i 60 anni. Degli stessi è stata valutata l'associazione tra volumi del cervello rilevati con la risonanza magnetica, accumulo di sostanze tossiche stimabile con la PET, indice di massa corporea, obesità e tessuto adiposo addominale.

La risonanza magnetica addominale ha misurato il volume del grasso sottocutaneo e del grasso viscerale. Lo spessore delle regioni cerebrali interessate dall'Alzheimer è stato, invece, valutato con la risonanza magnetica cerebrale. La PET, infine, è stata impiegata per esaminare la presenza di accumuli patologici di sostanze tipiche della demenza.

Gli scienziati sono giunti alla conclusione che maggiori quantità di grasso viscerale si associano a maggiore accumulo di amiloide nella corteccia del precuneo, la regione che viene colpita precocemente dall'Alzheimer. Più le misurazioni del grasso viscerale sono alte, più si assiste ad un incremento del carico di infiammazione del cervello.

Questa indagine pone dunque l'attenzione su un meccanismo chiave attraverso cui il grasso nascosto può aumentare il rischio di sviluppare il morbo. Servono ora ulteriori approfondimenti.

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