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Giornata Mondiale del Morbo di Alzheimer: conoscere per affrontare la malattia

Questa giornata dedicata vuole ricordare non solo i pazienti ma anche i caregiver, figure spesso messe in secondo piano

Giornata Mondiale del Morbo di Alzheimer: conoscere per affrontare la malattia
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Il 21 settembre si celebra la Giornata Mondiale del Morbo di Alzheimer con lo scopo di accrescere la consapevolezza su questa patologia neurodegenerativa che colpisce circa 24 milioni di persone in tutto il mondo, soprattutto anziani con più di 80 anni. Tra i tanti progetti, spicca quello del Gruppo Korian intitolato Fermata Alzheimer e giunto alla sua quinta edizione.

L'obiettivo è quello di aiutare le persone, in particolare i cosiddetti caregiver, a guardare al disturbo con occhi più esperti. Ciò è possibile grazie al percorso sensoriale Alzheimer in Lab, un viaggio tridimensionale alla scoperta delle emozioni sperimentate dai pazienti e delle modalità con cui gestire al meglio gli spazi domestici e la routine quotidiana.

L'iniziativa è davvero encomiabile se si pensa che questa forma di demenza ha notevoli ripercussioni non solo sul sistema sanitario e sui malati, ma anche su coloro che lottano al fianco di questi ultimi ogni giorno e che spesso vengono dimenticati. Uno studio condotto dai ricercatori della Finlandia Orientale ha dimostrato che oltre il 60% dei caregiver sperimenta sintomi di depressione lieve.

Cos'è il morbo di Alzheimer

Il morbo di Alzheimer, la più diffusa forma di demenza, fu scoperto per la prima volta nel 1906 dall'omonimo neuropatologo e psichiatra tedesco. Nel tempo si è giunti a descrivere meglio la patologia, il cui aspetto peculiare è l'atrofia cerebrale, particolarmente marcata in due aree: l'ippocampo e l'amigdala.

All'interno dei neuroni è possibile apprezzare la presenza di placche del peptide beta-amiloide. All'esterno, invece, si evidenziano ammassi neurofibrillari di proteina Tau. Nonostante la patologia colpisca nella maggior parte dei casi individui anziani, è bene sottolineare che non mancano diagnosi precoci anche in giovane età.

Le cause del morbo di Alzheimer

Nonostante le cause del morbo di Alzheimer siano ancora in parte sconosciute, gli scienziati hanno fatto passi da gigante e sono concordi nell'affermare che il disturbo è la conseguenza di una serie di fattori genetici e ambientali. Da un punto di vista genetico spicca la connessione tra l'esordio della demenza e la mutazione di alcuni geni: APOE-e4, APP, PSEN1, PSEN2.

Non meno importanti quelli individuati di recente da alcuni studiosi della California: C4A, PVRL2 e APC1. Ne abbiamo parlato in questo articolo e abbiamo altresì dato rilevanza alla scoperta della proteina Medin da parte dei ricercatori del Centro tedesco per le malattie neurodegenerative. Essa, depositandosi nei vasi sanguigni cerebrali, si aggrega alla proteina beta-amiloide.

Attenzione, infine, ai fattori di rischio che, ricordiamo, non implicano necessariamente l'avvento della problematica: età avanzata, traumi cranici, sesso femminile, declino cognitivo tipico della vecchiaia, sindrome di Down. Ancora ipertensione, ipercolesterolemia, diabete di tipo 2, fumo di sigaretta.

I sintomi del morbo di Alzheimer

Il morbo di Alzheimer è caratterizzato da tre fasi (iniziale, intermedia, finale) e la sintomatologia varia a seconda delle stesse.

  • Sintomi della fase iniziale: mancanza di iniziativa, lievi cambiamenti di personalità, piccoli problemi di memoria a breve termine, ripetizione di domande, minime difficoltà di linguaggio, di calcolo e di ragionamento;
  • Sintomi della fase intermedia: sbalzi d'umore, ansia, depressione, atteggiamenti ossessivi, allucinazioni uditive, disorientamento spazio-temporale, episodi di comportamento paranoico, problematiche di memoria a lungo termine, perdita di parte delle abilità cognitive;
  • Sintomi della fase finale: delirio, dimagrimento, totale compromissione delle capacità cognitive, perdita del controllo motorio e della funzionalità intestinale e vescicale.

Questa forma di demenza è devastante non solo per chi ne soffre, ma anche per chi sta accanto al malato. Gli scienziati si sono chiesti se fosse possibile prevenirla. Secondo i ricercatori dell'Università di Otago basterebbe un breve ma intenso esercizio fisico ad alta intensità, che aumenta la produzione del fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF), una proteina essenziale per l'apprendimento e per la memoria.

La diagnosi e la terapia del morbo di Alzheimer

Attualmente non esiste un test specifico in grado di individuare la malattia. La diagnosi differenziale prevede l'esecuzione di esami di laboratorio, cognitivi, neuropsicologici, TAC e risonanza magnetica cerebrale. Tuttavia una speranza è riposta in un modello basato sull'apprendimento profondo sviluppato dagli studiosi dell'Università di Kaunas. Esso è in grado di prevedere la possibile insorgenza del morbo di Alzheimer dalle immagini del cervello e con una precisione superiore al 99%.

Buone notizie anche dal fronte terapeutico. La stimolazione magnetica transcranica potrebbe, infatti, rallentare l'avanzata della patologia. Un gruppo di medici dell'ospedale neuroriabilitativo Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma l'hanno sperimentata per sei mesi su 50 pazienti.

Presto questa nuova realtà potrebbe affiancare la cura tradizionale che si basa sulla somministrazione di farmaci inibitori dell'acetilcolinesterasi e antipiscotici e su tecniche come la fisioterapia e la terapia occupazionale.

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