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La Biennale in carcere (col Papa)

Presentato "Con i miei occhi": arte e diritti fra le detenute della Giudecca. Ci sarà Francesco

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Tutto è prodigioso nel padiglione che la Santa Sede ha orchestrato per questa sessantesima edizione della Biennale d'arte ormai alle porte. A cominciare dalla notizia che Papa Francesco lo visiterà di persona il 28 aprile, primo Pontefice della storia a farlo. «Andrò a vedere con i miei occhi», ha detto il Papa al cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del dicastero per la Cultura e l'Educazione della Santa Sede e commissario del Padiglione. Il riferimento è al titolo, emblematico e programmatico, del progetto Con i miei occhi, che porta l'arte contemporanea a riflettere sul tema dei diritti umani nella Casa di detenzione femminile della Giudecca, sede prescelta dal padiglione vaticano (20 aprile-24 novembre). Il cardinale Tolentino de Mendonça, nella presentazione di ieri alla stampa, ha ricordato le parole pronunciate dal Santo Padre nell'incontro con gli artisti, avvenuto lo scorso giugno nella Cappella Sistina, quale stimolo a «riacquistare la capacità di guardare la realtà», per un'arte capace «di coinvolgere i più deboli e periferici».

Affidato alla curatela esperta e raffinata di Bruno Racine, da tempo alla guida di Palazzo Grassi di Venezia, e di Chiara Parisi, direttrice del Centre Pompidou-Metz, il padiglione vaticano sorprende su vari aspetti. Il luogo, ovviamente: il carcere, già convento in cui la Repubblica di Venezia nell'Ottocento affidava alla chiesa le donne perdute, renderà la fruizione artistica un'esperienza unica. Per visitare il padiglione bisognerà infatti consegnare all'ingresso un documento di identità e il cellulare. Le motivazioni sono legate al rispetto della sicurezza e della privacy delle detenute, ma va da sé che le ricadute sulla visita, in una scena dell'arte sempre più instagrammata e sincopata, saranno notevoli, rivoluzionarie. Niente foto, niente video: ci si dovrà concentrare, si dovrà ricordare. Sorprendono poi i nomi chiamati a collaborare: ad eccezione di (suor) Corita Kent, pittrice americana mancata negli anni Ottanta alla cui riscoperta si vuole contribuire, gli altri sette artisti viventi invitati sono tutt'altro che allineati. «Non cerchiamo una cassa di risonanza - ha puntualizzato il cardinale Tolentino de Mendonça - ma una polifonia di voci». E con che acuti. Spicca su tutti il nome dell'ex enfant terrible Maurizio Cattelan. L'artefice della celebre e discussa La Nona ora (una scultura dell'allora Papa Wojtyla colpito da un meteorite) torna a Venezia dopo 25 anni per realizzare una grande opera sulla facciata della cappella del carcere: «Cattelan avrebbe voluto dormire una notte in una cella, ma non glielo abbiamo concesso», dicono i curatori, sottolineando l'istantanea adesione dell'artistar al progetto.

A proposito di star, partecipano anche Marco Perego e la moglie, l'attrice hollywoodiana Zoe Saldana: hanno girato tra le mura del carcere un cortometraggio sul tema del desiderio e della libertà che sarà proiettato nella sala delle visite. La francese Claire Tabouret lavora in questi giorni a dipinti tratti da fotografie a lei inviate dalle carcerate mentre la libanese Simone Fattal sta realizzando una cinquantina di enormi sculture, tutte ispirate a poesie scritte dalle detenute, che saranno poste nel viale di ingresso. In vari ambienti, ad esclusione delle singole celle, saranno installati anche gli interventi di Claire Fontaine (il collettivo dal cui lavoro, Stranieri Ovunque, prende il titolo la Biennale diretta da Adriano Pedrosa), dell'artista brasiliana Sonia Gomes e del ballerino e coreografo hip-hop francese Bintou Dembélé.

Un'ottantina le detenute che hanno partecipato alla realizzazione delle opere e alcune, insieme a educatori e guardie, grazie al coinvolgimento del ministero della Giustizia, faranno da guida ai visitatori.

Ci sono tutte le premesse affinché questo diventi il padiglione che il pubblico più vorrà vedere, con i propri occhi.

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