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Brusco stop all'elettrico: cosa c'è dietro la scelta di Renault

Il gruppo transalpino ferma la quotazione in Borsa della divisione elettrica Ampere. Ma a soffrire è l'intero settore

Brusco stop all'elettrico: cosa c'è dietro la scelta di Renault

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L’elettrico non decolla. Il gruppo Renault ha annunciato che Ampere, la divisione dedicata allo sviluppo software e alla produzione di veicoli elettrici, non farà il suo tanto atteso debutto in Borsa. Il lancio, già rimandato una volta, era in programma nella prima metà del 2024, ma – si legge in un comunicato diffuso dalla società – "le attuali condizioni di mercato non sono soddisfatte per continuare il processo di Ipo" e "servire al meglio gli interessi del Gruppo Renault, dei suoi azionisti e di Ampere". Insomma, i tempi non sono maturi, nonostante il ceo Luca De Meo soltanto a novembre avesse promesso che Ampere era "ben posizionata per cogliere la crescita del mercato europeo dei veicoli elettrici".

A Boulogne-Billancourt la speranza era che la valutazione del nuovo progetto elettrico arrivasse intorno agli 8 miliardi di euro con un fatturato di 10 miliardi nel 2025. Il colosso transalpino ha in agenda la produzione di sette vetture elettriche entro il 2031 e l’obiettivo di abbattere i costi del 40% in quattro anni. Eppure, secondo gli analisti di Ubs, il valore di Ampere si aggirerebbe non oltre i 4 miliardi. Ma il caso Renault non è isolato e riflette invece un clima internazionale quantomai agitato.

Non è un segreto infatti che il mercato dell’elettrico quest’anno sia partito in affanno. Eurogroup Laminations, leader mondiale nella componentistica per motori elettrici, ha visto le sue azioni crollare sotto i tre euro dopo l’entusiasmante sbarco a Piazza Affari il 10 febbraio 2023 con un collocamento fino a sei euro. La multinazionale di Baranzate paga un inaspettato calo sui ricavi e forse anche un portafoglio ordini troppo grande – sei miliardi – da evadere in appena sei anni.

A perdere però sono soprattutto i big, contagiati dai risultati finanziari di Tesla (-23% a gennaio), che ha chiuso l’ultimo trimestre al di sotto delle aspettative. Negli ultimi 30 giorni il titolo Byd è sceso del 7%. Stesso trend per l’americana Lucid, giù del 25%. A pesare sul giudizio degli investitori sono le previsioni di crescita. Un report di Canalys ha stimato una crescita inferiore rispetto all’anno precedente.

Il motivo è facilmente intuibile: senza gli incentivi statali il settore rischia la paralisi.

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