Calcio

Lutto nel calcio, morto Trevor Francis. Giocò nella Sampdoria e nell'Atalanta

Leggenda del calcio inglese e, negli anni ’80, attaccante della Sampdoria per quattro stagioni e dell’Atalanta per un campionato, è morto a Marbella (Spagna) per un infarto

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I nostalgici del calcio anni Ottanta sicuramente ricorderanno bene Trevor Francis, elegante attaccante inglese classe 1954. In Italia giocò cinque stagioni nella Sampdoria ed una nell'Atalanta fra il 1982 e il 1987. Francis è morto a Marbella, in Spagna, colto da un infarto fulminante. Già 12 anni fa era stato colpito da un attacco cardiaco e per questo gli era stato applicato uno stent.

La Samp lo ha ricordato con un messaggio su Twitter postando una sua foto in campo con la maglia numero 9 della Sampdoria e con un cuore spezzato: "Rest in peace, Trevor". I tifosi blucerchiati meno giovani ricorderanno ancora il coro che accoglieva l'inglese: "Trevor walks on the water" (Trevor ammina sulle acque). Rimase sempre legato alla Samp, tornando allo stadiio Ferraris diverse volte, sempre accolto con affetto e gratitudine dai suoi ex tifosi.

Nato a Plymouth (sud ovest dell'Inghilterra), Francis si fece le ossa nel Birmingham City, debuttando in prima squadra a soli sedici anni. Fu una partenza col botto: quindici gol in ventidue partite. Otto le stagioni a Birmingham, con 279 partite disputate e 118 reti messe a segno. Nel 1979 il trasferimento al Nottingham Forest per un milione di sterline, cifra record per quei tempi. Fu l'apoteosi, con la conquista di ben due coppe dei Campioni consecutive, anche se la seconda non lo vide protagonista, bloccato per mesi da un fastidioso infortunio. Passato al Manchester City nel 1981, continuò a mostrare le proprie qualità, anche in Nazionale (Mondiali '82 in Spagna).

Finito il Mondiale si trasferì in Italia, alla Sampdoria. Al suo terzo anno vinse la Coppa Italia e segnò, nella competizione, nove reti. Purtroppo gli infortuni non lo aiutarono, tanto che in quattro anni in blucerchiato, giocò solo 68 gare (segnando 17 gol). Nel 1986 passò all'Atalanta disputando 21 partite e segnando un solo gol. Tornato in Gran Bretagna, andò a giocar nel Glasgow Rangers, in Scozia, e dopo un anno fece ritorno in Inghilterra, al Queen's Park Rangers, dove per un anno fece l'allenatore e il calciatore.

Portò avanti questa duplice attività - metà giocatore, metà tecnico - fino al 1994 con lo Sheffield Wednesday. Si tolse delle belle soddisfazioni, arrivando in finale in FA Cup e in Coppa di Lega, perdendole entrambe con l'Arsenal, e arrivando terzo in campionato. A 40 anni decise di appendere gli scarpini al chiodo e di proseguire come allenatore. Nel 2001 raggiunse la finale di Coppa di Lega con il Birmingham, perdendola con il Liverpool. Un triste episodio macchiò la sua carriera: durante una partita fu espulso per aver picchiato un suo giocatore in panchina.

Era "un calciatore leggendario e una persona estremamente gentile", scrive sui social la sua famiglia, parole condivise da quanti lo hanno conosciuto, non solo nel campo sportivo. Se avesse avuto meno problemi fisici avrebbe potuto fare molto di più di quanto ha fatto nel calcio. "Era così fragile che poteva rompersi un piede scendendo dal letto", disse di lui Don Revie, ct dell’Inghilterra che nel 1977 lo fece esordire in nazionale. Ma nonostante questo "tallone d'Achille" Trevor fece vedere di che pasta era fatto, giocatore di tecnica sopraffina che in campo mostrava cosa volesse dire avere piedi buoni (e cervello).

Nel 1994, poco prima dei 40 anni, si era ritirato, dopo aver giocato 632 partite realizzando 235 gol.

Niente male per un giocatore considerato troppo fragile.

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