Calcio

Il pagellone del lunedì: rassegnazione, crisi, polemiche e cinismo da grandi

Il fine settimana della Serie A ci consegna l'ennesima prova maiuscola di una capolista inossidabile, il passo indietro di una provinciale di lusso, una vittoria bugiarda, una panchina saltata e la corsa per l'Europa che si fa sempre più intrigante. Vi raccontiamo tutto nel nostro solito pagellone

Il pagellone del lunedì: rassegnazione, crisi, polemiche e cinismo da grandi
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Domenica notte, tempo di raccogliere gli appunti e provare a raccontare cosa si è visto in questo fine settimana della Serie A. Con febbraio quasi alle spalle, stiamo arrivando al momento cruciale della stagione, quello con le partite chiave, quelle che faranno la gioia o la disperazione dei tifosi a fine maggio. Come ci arrivano le grandi d’Italia? A parte una capolista la cui superiorità è quasi imbarazzante, con tanti dubbi, alcune bandiere ritrovate e diverse crisi che sembrano avvitarsi. Con la corsa scudetto già chiusa, sta per scatenarsi la rissa per l’Europa, con alcune squadre pronte ad entrare a gamba tesa. Mettetevi comodo, c’è tanto su cui riflettere.

L’Inter è ormai inevitabile (8)

Dopo la battaglia con l’Atlético, la fila di chi si aspettava un passo falso della capolista era una roba tipo tangenziale all’ora di punta. Tanti avevano alzato il sopracciglio quando Inzaghi aveva annunciato un turnover tanto pesante quanto inconsueto. Ma come? Proprio quando vai a trovare un Lecce affamato di punti? Se strappano un pari saranno fortunati. Cosa ti combina l’Inter? Soffre, certo, per un tempo e mezzo ma rimane compatta, continua a giocare a memoria anche quando in campo c’è gente che di solito conta i minuti col bilancino. Bisseck, Carlos Augusto e Dumfries rischiano poco o niente, De Vrij trova anche il gol mentre Frattesi fa un partitone, dimostrando che, forse, meriterebbe di giocare parecchi minuti in più.

Lautaro Lecce Inter

Se Mkhitaryan e Dimarco fanno il compitino, Asllani ed Alexis Sanchez compensano alla grande con qualità ed intelligenza. Il Niño Maravilla torna quello di una volta, come a voler dimostrare di non essere ancora finito ed è la spalla ideale per un Lautaro Martinez maestoso. A fare notizia saranno i gol, come al solito, ma è la sua leadership a tenere compatta l’Inter anche quando il Lecce faceva paura. Il vero protagonista, però, è Simone Inzaghi: non guardate il risultato, nel primo tempo i salentini hanno messo sotto l’Inter ma i nerazzurri non hanno mollato il colpo. Riuscire a mantenere tutti motivati anche quando il campo si vede col binocolo è un miracolo. Lasciate ogni speranza, rivali: questa Inter ormai è inevitabile. Chapeau.

Il Bologna si scopre cinico (7)

Il brutto di giocare di venerdì è che si finisce sempre per dimenticarsi quello che succede nel primo anticipo. Questo è davvero un peccato perché quello che si è visto al Dall’Ara dovrebbe preoccupare non poco le rivali per la corsa all’Europa. I felsinei non sono stati brillanti come al solito; per lunghi tratti, specialmente nel primo tempo, rischiano pure di andare sotto e soffrono l’intraprendenza di un Hellas che non ci pensa proprio a mollare così presto. Finora il Bologna aveva vinto solo quando giocava alla grande ma stavolta è riuscito a strappare tre punti preziosi anche in una serata storta. Orsolini e Zirkzee sbagliano parecchio, sono poco incisivi ma comunque sono sempre in grado di fare giocate decisive, specialmente sul gol di Fabbian.

Thiago Motta Bologna Verona

Il bello è che stavolta il Bologna parte malino ma cresce nella ripresa: invece di schiantare da subito la partita si accontenta di contenere gli scaligeri per mettere la zampata nel secondo tempo, chiudendo i conti. A centrocampo si sgomita parecchio ma Freuler riesce a rimanere calmo quanto basta per approfittare degli spazi concessi dai veneti. Come succede nelle grandi stagioni, c’è sempre qualcuno pronto a fare la differenza: stavolta è toccato a Ferguson e Fabbian, con lo scozzese in grado di brillare anche subendo parecchi falli e l’italiano che mette un secondo tempo al limite della perfezioni. A parte le corse di Ndoye, la novità è che il Bologna ora sa vincere anche le partite sporche, tenendo i nervi a posto e colpendo al momento giusto. E non venitemi a dire che non è tutto merito di Thiago Motta: per una volta i peana sono più che giustificati.

Nicola fa fuori Dionisi (7)

Se il calcio fosse un mondo giusto, le prime pagine dei giornali sarebbero piene di complimenti per l’incredibile lavoro che Davide Nicola sta facendo in quel di Empoli. La trasformazione vista al Castellani è davvero pazzesca, sia dal punto di vista del gioco che del carattere dimostrato dagli azzurri anche lontano dalle mura amiche. I numeri parlano da soli: sei partite, tre vittorie ed altrettanti pareggi, una roba che i fedelissimi dell’Empoli non si sarebbero mai immaginati. La prova messa contro il Sassuolo non è stata priva di problemi, a partire dall’errore di Ismajli sul rigore trasformato da Pinamonti alle prove opache di Cambiaghi e Cerri ma il gruppo rimane solido, convinto e sembra sempre in grado di ribaltare qualsiasi avversaria.

Nicola Sassuolo Empoli

Se Luperto sbaglia pochissimo ed ha il merito di aprire i conti, il resto della difesa è quasi perfetto ma la vera sorpresa è la consistenza di Marin, pericolosissimo su calcio piazzato e sempre decisivo. Se Maleh appare in crescita costante e Cancellieri mette cross deliziosi, le storie più belle sono quelle di Bastoni e Niang. Nonostante sia entrato a soli dieci minuti dal triplice fischio, l’ex Spezia segna un gran gol nel recupero e poi scoppia in lacrime quando ricorda come, pochi mesi fa, in quello stesso stadio avesse detto addio alla Serie A. Cosa dire, poi, dell’ex rossonero: entra al 55’ dopo esser sopravvissuto ad un incidente stradale e nel giro di pochi minuti si guadagna un calcio di rigore e lo trasforma come se niente fosse. Per ora Nicola è costato la panchina a Dionisi ma di sgambetti ne potrebbe fare ancora parecchi. Estote parati.

Retegui c’è, il Genoa anche (6,5)

Il bello di questa Serie A è che il lavoro di tanti allenatori poco celebrati sta iniziando a dare risultati inaspettati. Anche chi in estate aveva festeggiato l’arrivo di Mateo Retegui come se fosse il salvatore della patria rossoblu, in fondo, non si aspettava che l’undici di Gilardino riuscisse a crescere così tanto. Affrontare un Udinese troppo incostante non è certo la cartina di Tornasole migliore ma la prova messa dal Grifone dovrebbe far sorridere una tifoseria che ha sofferto fin troppo negli ultimi anni. La cosa più incoraggiante è la tenuta del gruppo, la personalità mostrata in campo e, soprattutto, la capacità di gestire le forze e cambiare passo a partita in corso. Il Genoa non ha mai sofferto, ha schiacciato i rivali senza mai concedere troppo, mettendo una vittoria forse decisiva per mettere al sicuro la salvezza. A fine febbraio.

Retegui Genoa Udinese

Si potrebbe concentrarsi sulla crescita di De Winter o sulla prova di Bani che ha limitato bene un cliente scomodo come Lucca, alle corse di Sabelli o alla vivacità di Vasquez, che si sarebbe sicuramente meritato almeno un gol. A parte il rientro di Strootman ed il contributo di un Gudmundsson che, pur senza brillare, riesce ad essere determinante, le notizie davvero positive vengono dalla prova di Junior Messias e dai netti progressi di Retegui. L’ex rossonero è stato un incubo per la difesa friulana, tanto da provocare il secondo giallo di Kristensen ma è ancora più impressionante la sicurezza dell’italo-argentino. A parte la splendida rovesciata, è preciso in fase di rifinitura e sa sfruttare la sua fisicità. Con un pericolo costante del genere in area, i tifosi del Grifone potrebbero togliersi tante soddisfazioni di qui in avanti.

Dea, passo indietro indolore (6)

Non mi dite che vi aspettavate che la scintillante Atalanta avrebbe fatto così male a San Siro che non vi credo. L’undici di Gasperini non soffriva così tanto in Serie A da qualche mese e nessuno s’immaginava che sarebbe stato proprio il Milan a mettere in crisi una macchina da gol quasi perfetta. Il merito di questa insipienza offensiva va sì all’attento duo Thiaw-Gabbia ma anche a prestazioni del tutto dimenticabili di Miranchuk e Scamacca, che non sono riusciti a dare una mano ad un De Ketelaere che sembrava tornato quello visto a Milanello. Molto meglio Lookman ma alla fine anche lui finisce la benzina, segno che oggi niente sembrava funzionare in avanti.

Gasperini Milan Atalanta Fotogramma

Tutto da buttare, quindi? Non proprio, visto che, a parte lo sbandamento di Scalvini sul golazo di Leao, dalla cintola in giù l’Atalanta è quella di sempre. Carnesecchi nega il raddoppio diverse volte, Djimsiti annulla Giroud, Kolasinac compensa un Holm non al massimo mentre Zappacosta si sacrifica tanto per bloccare lo scatenato portoghese. A salvare la Dea sono le modifiche apportate da Gasperini nell’intervallo alla mediana, dove De Roon, Ederson e Koopmeiners sembrano trasformarsi nel secondo tempo e tornare al loro livello. Come mai la sufficienza? Perché in questo momento della stagione i risultati sono l’unica cosa che conta. Strappare un punto giocando la peggior partita da diversi mesi è un segnale estremamente positivo.

Napoli, serve più coraggio (5,5)

Che arrivare a Cagliari dopo la battaglia contro il Barcellona non sarebbe stato semplice ce l’aspettavamo tutti ma nessuno pensava davvero che l’undici di Ranieri riuscisse a strappare un punto ai campioni d’Italia. Il punteggio è lo stesso della partita con gli azulgrana ma il peso è del tutto diverso, tanto da scatenare reazioni inconsulte di una tifoseria sull’orlo di una crisi di nervi. La cosa che fa più imbestialire è che, a parte una prova non stellare di Mazzocchi e Rrahmani, sia l’errore di Juan Jesus al 96’ a condannare un Napoli che aveva sbagliato davvero poco. L’impatto di Calzona si continua a vedere, specialmente in un centrocampo che è parente lontano di quanto visto con Mazzarri: a parte Zielinski, Olivera, Anguissa e Lobotka sono tornati quelli di una volta.

Calzona Cagliari Napoli

Le notizie più positive arrivano dall’attacco, visto che Raspadori è molto più vivace che nelle scorse settimane e consegna ad Osimhen un pallone d’oro trasformato alla grande dall’ariete nigeriano. Un centravanti del genere è quasi unico e verrebbe da domandarsi cosa avrebbe potuto fare il Napoli se lo avesse avuto a disposizione per più partite. Meno positiva la prova di un Kvaratskhelia in piena involuzione e di un Politano insolitamente sprecone sotto porta. L’unico appunto da fare al nuovo tecnico è l’approccio agli ultimi 15 minuti: chiudersi in difesa contro una squadra come il Cagliari, che nel finale è spesso letale non ha senso. Le grandi devono comportarsi da grandi: per risalire la classifica serve più coraggio, specialmente nei momenti decisivi.

Milan, non basta un super-Leao (5,5)

Se aveste detto ai tifosi del Diavolo che il miglior Leao visto da quando è arrivato a Milanello, finalmente cattivo e determinato, non sarebbe valso tre punti, probabilmente vi avrebbero preso a pesci in faccia. Dio solo sa cosa è successo al talento lusitano ma sembrava scatenato, pronto a strappare a morsi i tre punti all’Atalanta, scherzare difensori come se niente fossero e mettere a tacere i tanti critici che lo beccano spesso e volentieri. Come mai i rossoneri escono dal Meazza con un solo punto? Perché neanche il partitone di Leao ed il gran primo tempo di un altro talento disperso, Yacine Adli, non bastano a schiantare una Dea bruttarella ma attenta quanto basta.

Leao Milan Atalanta Fotogramma

Prendersela con il rigore discutibile che è valso il pareggio di Koopmeiners non serve a niente. Pioli, dopo la prova mediocre in Bretagna, indovina quasi tutto, a partire dall’avanzare Bennacer, in netta crescita e Loftus-Cheek, rischiando davvero poco. Visto che affrontava forse la squadra più in forma del momento (Inter a parte) con una settimana per preparare il big match è davvero notevole. Perché l’insufficienza? Perché il Milan avrebbe dovuto trovare, di riffa o di raffa, almeno il secondo gol; peccato che Pulisic e Giroud non fossero in serata. Molto positivo che Thiaw si sia ripreso dopo il disastro di Monza, annullando l’ex De Ketelaere e Miranchuk in collaborazione con Gabbia. Le belle prove, però, non bastano più: oggi bisognava solo vincere.

Allegri, vincere non è abbastanza (5)

La reazione della critica e della tifoseria dopo l’ennesima vittoria in extremis della Juventus dovrebbe far capire all’ambiente bianconero che qualcosa è cambiato. Le scusanti, come al solito, non mancano, a partire dall’infortunio che toglie presto dalla partita Rabiot: Alcaraz fa bene ma non ha certo l’esperienza del francese. Fino a non molto tempo fa, l’unica cosa che si sarebbe guardato è il risultato, i tre punti portati a casa. Ora, invece, i nodi vengono al pettine uno dopo l’altro. La difesa juventina, apparsa per mesi impenetrabile, ha sbandato paurosamente ogni volta che il Frosinone premeva sull’acceleratore: si è salvato solo Rugani, viste le prove dimenticabili di Gatti e Bremer ma solo per il gol della vittoria. Cambiaso e Locatelli confermano il momento no delle ultime giornate e sono salvati solo da una gran partita di McKennie.

Allegri Juventus Frosinone

Lo statunitense è assolutamente il migliore di un centrocampo inguardabile, con Kostic e Chiesa del tutto irriconoscibili, con l’azzurro che sembra quasi rassegnato alla mediocrità. Se l’ingresso di Weah e Yildiz nella ripresa sembra sistemare un attimo le cose, la Juventus avrebbe sicuramente rimediato una figuraccia memorabile se Dusan Vlahovic non si fosse ricordato di essere un campione vero ed avesse fatto tutta la differenza del mondo. Se il serbo entra in tutti e tre i gol, Allegri ha poco da sorridere. Sarà difficile da capire per un risultatista come lui ma questa Juventus ha enormi problemi in ogni reparto. Concedere così tanti spazi ad una squadra vivace come il Frosinone è una roba da non credersi ma in avanti la mancanza di idee è ormai cronica.

Bisogna cambiare subito, prima che sia troppo tardi.

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