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La scelta (naturale) di Mancini e l'orgoglio nascosto nella firma

Roberto Mancini, al centro del dibattito sulla sua scelta di andare in Arabia Saudita, dimostra di essere semplicemente coerente con se stesso, come anche risulta dall'analisi grafologica della firma

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Due anni fa, analizzando la firma di Roberto Mancini, misi a fuoco le sue abilità di gestione in campo calcistico, ma anche la forte ambizione che, se la situazione non lo avesse soddisfatto rendendolo insofferente, avrebbe cercato "nuovi lidi".

Sembra proprio che sia avvenuto proprio ciò. Quindi, perché meravigliarsi quando nel mondo del calcio è facile abdicare anche solo per il "vil denaro", peraltro sempre così presente in questo sport.

Probabilmente Mancini ha pensato anche al futuro suo e dei suoi figli, in quanto una sicurezza economica come quella che si sta creando potrà certamente tranquillizzarlo. Perché quindi penalizzarlo con accuse pretestuose e discorsi retorici, che nel mondo del calcio non ci stanno?

Tale scelta personale è da comprendere, perché egli è consapevole del suo valore e il suo orgoglio non poteva permettere che la sua figura venisse oscurata.

È senza dubbio la necessità di essere al centro dell’attenzione e appagato per un futuro economico sicuro che lo ha portato ad una scelta del tutto personale e non da tutti compresa. Nel calcio si adatta a pennello la frase evangelica "chi è senza peccato scagli la pietra" dal momento che i calciatori sembrano essere tutti credenti: basti notare come quasi tutti si segnino prima di entrare in campo (sic!). Però, il vero idolo tanto adorato in tale mondo è senza dubbio il denaro, che purtroppo affascina anche tanti ragazzini che sperano di giocare in serie A solo per i lauti guadagni che essa garantisce.

Ho frequentato per qualche anno alcune scuole calcio, Inter e Milan in particolare, e non ho mai spento il loro entusiasmo, la fantasia e il desiderio di successo. Però, li educavo a capire che per diventare veri campioni è necessario studiare e spiegavo come per assumere positivamente certi ruoli occorreva conoscerne perfettamente i meccanismi. Anni passati molto bene con loro, un po’ meno con i genitori.

Nel calcio per salvarlo dall’ingordigia non basta il segno di croce (che a mio giudizio dovrebbe essere proibito) perché la fede non va usata come un talismano porta fortuna; non è per nulla rispettoso e, soprattutto, diseducativo. Un po’ di riflessone andrebbe fatta dal mondo adulto su un gioco che tanto appassiona ed è attrazione per molti ragazzi!

Riprovevole non è quindi l’attuale scelta di Mancini, ma tutto il mondo del calcio dove più che la propria squadra si ama quella che può rendere ricchi; pronti, pertanto, ad abbandonarla qualora non soddisfi economicamente. Andrebbero educati tutti i responsabili per far sì che il calcio torni ad essere davvero un gioco che entusiasmi grandi e piccini, senza uscire dai parametri dello sport per entrare in quelli politici ed economici.

Seguiamo ciò che alcuni grandi ex calciatori, ad esempio Roberto Baggio, stanno facendo per aiutare i bambini, compresi i meno abbienti, fondando scuole-calcio per tutti.

Questa sì che sarebbe una prospettiva da contraddistinguere col “segno della croce” come stimolo e sigillo di vera fratellanza.

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