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La casa dei risvegli che rischia di morire

Ci sono 25 letti, solo 12 occupati. Così i fondi sono in pericolo e i malati in coma potrebbero tornare a casa

La casa dei risvegli che rischia di morire

Eleonora Barbieri

da Milano

Alla Fondazione Molina di Varese c’è un reparto all’avanguardia per i pazienti in stato di coma vegetativo: al momento ospita dodici persone, ma potrebbe accoglierne quasi il doppio. Una struttura attrezzata e perciò costosa: tanto che, per mancanza di fondi, potrebbe rischiare la chiusura e i familiari dei malati hanno lanciato l’allarme.
L’eventualità è stata decisamente respinta dai responsabili del Molina: «Le famiglie possono stare tranquille - ci spiega il presidente Mario Carletti -: mantenere il reparto è un nostro dovere». Grazie a una convenzione con la Asl, le famiglie pagano il 20 per cento della retta giornaliera di 180 euro, e l’azienda sanitaria sostiene il resto delle spese. Ma l’accordo scadrà nel 2006, mentre il reparto è in perdita da un anno e mezzo. «Per equilibrare i costi tutti i letti dovrebbero essere occupati. Una soluzione potrebbe essere quella di ospitare anche pazienti con altre patologie».
I familiari dei malati sono preoccupati e fanno sentire la loro voce attraverso l’associazione «Silenzio è vita»: «La situazione finanziaria è precaria, sono stati gli stessi dirigenti del Molina a dircelo. Se il reparto chiudesse o fosse smembrato, noi ci troveremmo in a una situazione drammatica. I nostri cari hanno bisogno di premure particolari». Per non parlare dell’ipotesi di riportarli a casa: «Chi ci ha provato, dopo pochi mesi è dovuto tornare a chiedere aiuto alle strutture specializzate. Ci hanno detto di stare tranquilli, ma il terrore c’è. Oggi la tecnologia riesce a salvare una persona ma, poi, c’è il coma vegetativo, che può durare anche molto a lungo: e noi e i nostri cari non possiamo essere abbandonati». Un’ipotesi che non è nelle intenzioni della Asl: «Noi non abbandoniamo queste persone, anzi, cercheremo di migliorare il servizio» rassicura Pierluigi Zeli, direttore generale dell’azienda sanitaria di Varese. Anche se il problema finanziario esiste: «Se la Asl non ci potesse più aiutare a sostenere i costi, potremmo essere costretti a non accettare più nuovi ospiti - spiega Andrea Segrini, direttore della Fondazione -. Nel corso del 2006 troveremo una soluzione definitiva, ma non ci saranno maggiori carichi per le famiglie, né il reparto sarà chiuso: gli attuali pazienti rimarranno sempre con noi». Il direttore della Asl nega ci possano essere problemi per i futuri malati: «Per me i pazienti sono tutti uguali: non li lasceremo mai senza assistenza. Due anni fa la Regione era ben disposta verso il nostro progetto, quindi sono ottimista».
Ora tutto dipende dall’accordo fra il Molina e la Asl che, comunque, dichiarano di «collaborare in pieno». Tanto che anche don Pino Tagliaferri, membro del Cda della Fondazione, sembra più tranquillo: «La minaccia c’è stata, la Fondazione non aveva le forze economiche per andare avanti ma, dopo l’incontro con la Asl, è stato preso un impegno serio. Le istituzioni hanno capito che devono intervenire». Il parroco di Biumo inferiore aveva criticato pesantemente la possibilità che il reparto chiudesse: «Sarebbe contro la missione del Molina, oltre che inaccettabile dal punto di vista umano e, a maggior ragione, cristiano». Insopportabile, soprattutto, per i pazienti e i loro familiari, che non hanno mai perso «la speranza in un miracolo, che possa curare i nostri figli, mariti e parenti». Nell’attesa, la speranza è che «possano godere della dignità di essere curati e accuditi come ogni altra persona ha diritto». Perché, spiegano, «l’eventualità di staccare la spina non esiste: non succederà mai, assolutamente.

Chi lo dice può essere spinto soltanto da un’estrema esasperazione».

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