Cronaca locale

Cda alla Scala su Meyer: ora il manager non si tocca

Dal 2005 la Scala è retta da sovrintendenti non italiani. Dominique Meyer ha un contratto che scade il 2025, andrebbe decisa la riconferma o individuato il successore da porre in affiancamento all'attuale manager come stabilito dallo Statuto

Cda alla Scala su Meyer: ora il manager non si tocca

Quello di ieri, alla Scala, è stato un cda lampo, durato meno di mezz'ora, il tempo di deliberare il concerto a favore della Fondazione Rava (per il 23 giugno, con la cantante Joyce Di Donato) e sbrigare questioni di comune burocrazia. Come si ventilava non è stato affrontato il nodo-sovrintendente, nel senso che l'attuale Dominique Meyer (nella foto) ha un contratto che scade il 2025, andrebbe decisa la riconferma o individuato il successore da porre in affiancamento all'attuale manager come stabilito dallo Statuto che finalmente prevede questa figura. Il tempo stringe, eppure non è detto che una decisione venga presa neppure con il Cda di aprile.

Dal 2005, la Scala è retta da sovrintendenti non italiani. Prima fu la volta del francese Stephane Lissner, quindi dell'austriaco Alexander Pereira, e dal marzo 2020 del francese Meyer. E questo fatto non è gradito al Ministero della Cultura che più volte ha dichiarato che vorrebbe più tricolore alla dirigenza degli enti di cultura italiani. Che è un bene purché la bandiera vada a braccetto con i valori della competenza, nel mondo abbiamo i nostri grandi della cultura in ruoli chiave, da Riccardo Muti alla testa dell'Orchestra di Chicago a Daniele Gatti presto a Dresda, così come quella di Chailly è stata una carriera spesa perlopiù tra Olanda e Germania, Paola Antonelli guida una sezione del MoMa di New York e Caro Chatrian la Berlinale. Certo, non troviamo sovrintendenti italiani ai vertici dei teatri d'opera di peso al di là delle Alpi, solo in Medioriente e Cina: perché?

Quanto a Milano. La scelta ultima ora spetta al consiglio di amministrazione e in particolare a chi lo presiede, ovvero il sindaco della città Giuseppe Sala, che però al momento non sta prendendo posizione: strategia? un silenzio assenso? Chi siede nel Consiglio e presta attenzione alla tenuta dei conti sostiene Dominique Meyer considerato che i bilanci lui li fa quadrare, una cosa non da poco di questi tempi, così come soddisfa il tasso di riempimento del teatro. Le scelte artistiche non mettono d'accordo proprio tutti, talvolta manca il guizzo - si dice - ma è pur vero che: uno, questa è una stagione prudente, mezza figlia della pandemia; due, c'è anche da chiedersi i costi dei guizzi costanti.

Quanto succede al Teatro alla Scala ha poi rilevanza socio-politica. Milano, cuore della regione locomotiva d'Italia, con un teatro che per i 2/3 è economicamente indipendente e che dunque reclamerebbe una certa indipendenza decisionale: la eserciterà questa indipendenza?

Altro tema. Come si sceglie il sovrintendente di un teatro d'opera? L'attuale venne individuato da cacciatori di teste che frugarono tra i CV di mezzo mondo. Già, proprio così.

E fra i candidati alle spalle di chi vinse la selezione c'era anche Carlo Fuortes, nome adesso di nuovo alla ribalta visti gli accadimenti in Rai di cui è al momento amministratore delegato. Ma ora come ieri, Fuortes crea il gelo al solo nominarlo tra le maestranze e sindacati.

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