Cinema

"May December", distaccata gara di recitazione tra Moore e Portman

Liberamente ispirato uno scandalo sessuale realmente accaduto, il film si risolve in poco più di un civettuolo tête à tête tra due grandi attrici, costruito per ammirarne il talento

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May December, presentato in Concorso a Cannes l’anno scorso, è il classico film che sulla carta ha tutto per definirsi imperdibile, ossia un ottimo regista, due grandi star femminili che gareggiano in bravura e una storia scottante. Eppure non spicca mai il volo. Procede trattenuto e incerto proprio come i suoi protagonisti, senza generare emozioni o vero turbamento, quasi compiaciuto della propria affascinante ma distaccata ambiguità.

Il motivo per cui resta un’opera più che piacevole da vedere è quello di poter assistere a come Natalie Portman e Julianne Moore affrontano i propri ruoli.

Siamo a Savannah, in Georgia. L'attrice Elizabeth Berry (Natalie Portman) ha accettato di interpretare Gracie Atherton-Yoo (Julianne Moore) in un film indipendente e si reca a conoscerla. Gracie è una vecchia gloria dei tabloid, perché vent’anni fa è finita in prigione per aver intrapreso una relazione con Joe Yoo (Charles Melton), un compagno di scuola del figlio tredicenne, poi diventato suo marito. I due sono ancora sposati, apparentemente felici e con due figli gemelli in procinto di abbandonare il nido per andare al college.

Elisabeth, per meglio affrontare la parte, trascorre del tempo a stretto contatto con loro, specie con Gracie, proprio per somigliarle nei gesti, nelle espressioni, nell'aspetto. Si spinge poi a indagare su quanto provato dal marito ed emerge piano piano come lui non abbia ancora elaborato gli accadimenti di quel lontano passato. Le dinamiche familiari subiranno uno scossone.

Cominciamo col dire che l’attore Charles Melton è una rivelazione nelle vesti di uomo senza identità, irrisolto e dolente, che si è consegnato troppo presto anima e corpo a circostanze che ancora lo intrappolano. Il suo personaggio, che in quella finzione borghese alleva farfalle, inizia a capire di essersi condannato ad un eterno stato di crisalide, senza poter conoscere quale identità avrebbe raggiunto seguendo i naturali passaggi della crescita.

Le due coprotagoniste, Portman e Moore, eccellono naturalmente nell’incarnare la prima una donna che vuole scoprire tutto dell’altra, mentre la seconda una che vuole far emergere la propria versione dei fatti e magari essere in parte riabilitata agli occhi dell’opinione pubblica.

L'interpretazione della Portman ha qualcosa di fastidioso: si sente che l’attrice, qui anche produttrice del film, ha creato una sorta di vetrina in cui far brillare la meticolosità attoriale e l'abnegazione al ruolo che, in altro contesto, le valsero l’Oscar per Il cigno nero. Stavolta però tali qualità emergono in una compagine un po’ artefatta, quindi l'insieme assume quasi i connotati di un corso di recitazione avanzato.

Il regista, Todd Haynes, mette nuovamente in scena un duo femminile inquieto ma non tocca le vette del suo Carol, con Cate Blanchett e Rooney Mara. Del resto qui la situazione è speculare a quella, non abbiamo due donne che si amano, semmai in grande, seppur dissimulato, conflitto. Le due protagoniste in May December si mantengono cortesi ma sono campionesse di egoismo che si studiano a vicenda e duellano senza mai perdere l’aplomb.

In questo perverso, salace e insidioso gioco di specchi (non a caso il film è punteggiato di immagini speculari e riflessi simmetrici), apparenza fa rima con convenienza.

Il tema musicale, enfatico e inquietante, sembra continuamente annunciare una componente thriller che in realtà viene ogni volta disattesa. La narrazione non esplode, resta una fredda messa in scena, una suggestione oscura il cui crescendo hitchcockiano si rivela un bluff.

May December si diverte a porre domande che restano senza risposta, racconta di manipolazione e sfruttamento, di come talvolta la verità sia un concetto relativo perché personale e di come ogni persona muti di forma sotto la pressione dello sguardo esterno.

Sembra un trattato sulla probabile impossibilità di cogliere appieno l’essenza di un altro individuo; nulla più che un patinato psicodramma, a tratti volutamente grottesco.

In sala dal 21 Marzo.

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