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"Shirley, in corsa per la Casa Bianca", biopic sulla prima deputata nera

Ricostruzione coscienziosa ma bidimensionale di una candidatura per la presidenza degli Stati Uniti che fece la storia: quella di Shirley Chisholm, prima donna nera eletta al Congresso

"Shirley, in corsa per la Casa Bianca", biopic sulla prima deputata nera

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Shirley, in corsa per la Casa Bianca è un biopic targato Netflix Original dedicato ad un periodo specifico della storia politica di Shirley Chisholm, la prima donna di colore eletta al Congresso degli Stati Uniti: quello della sua candidatura alla Presidenza.

Diretto da John Ridley, il film presenta le mille sfaccettature, anche drammatiche, di quanto avvenne durante la campagna presidenziale del 1972, ma non approfondisce mai chi fosse la donna dietro la politica.

Regina King, attrice Premio Oscar nel 2019 per il suo ruolo in Se la strada potesse parlare e qui anche produttrice, dona carisma al personaggio ma non è chiamata a interpretarne altre caratteristiche se non quella dell’inscalfibile grinta. Solo in alcuni momenti, specie nel relazionarsi della protagonista alla gente comune, emerge un aggraziato calore. Della grande paladina dei diritti umani emergono principalmente il forte temperamento, il coraggio e la mente brillante, ossia le armi con cui sfidò un contesto culturale e politico che tendeva alla discriminazione di genere e di razza.

​Shirley, in corsa per la Casa Bianca si concentra sul rapporto che Shirley ebbe con alleati e avversari politici. L’accento è sul suo riuscire a farsi largo tra scontri e colpi bassi, in mezzo a uomini bianchi di mezz’età sbalorditi dalle mosse di quell’ex insegnante di scuola materna.

L’imperativo morale di Shirley Chisholm è quello di non accettare le cose come sono, mettere da parte l’umiltà e attivarsi per capire come agire per fare la differenza. Candidata di tutto il popolo americano, catalizzatrice di cambiamento e prima testimone attiva di una nuova era piena di fiducia per le minoranze: questa l'autoimmagine della donna al centro del film. Dando l’esempio con spirito di sacrificio, energia e dedizione, sa di fare da apripista a chi verrà dopo di lei a reggere il vessillo dell’uguaglianza tra esseri umani.

Per quanto la ricostruzione degli eventi salienti sia rispettosa e l'opera ben interpretata, da spettatori ci si sente ostaggio di un assemblaggio di scene (talvolta piene di cliché) che si susseguono a ritmo velocissimo senza dare il tempo di esserne coinvolti emotivamente.

Nel dare corpo alla storia di come questa figura determinata e sicura volesse proteggere gli interessi di giovani, minoranze etniche, classe operaia, donne ed emarginati, c’è tutta la retorica che ci si aspetta da un certo tipo di film americano. Osserviamo persone al lavoro per plasmare una più equa realtà, mentre la didascalica messa in scena si intreccia a filmati di vita reale dell’epoca.

Ridley, che oltre a dirigere ha anche scritto il film, sorvola quasi completamente sul prima e dopo il fatidico 1972, relegando qualcosa ai titoli di coda in cui, da tradizione, si scopre in breve frasi in sovraimpressione sullo schermo quale fine facciano i vari individui e come i vari interpreti somiglino somaticamente agli originali.

Forse un po’ poco da un cineasta che nel 2014 ha vinto il premio Oscar alla migliore sceneggiatura non originale per 12 anni schiavo.

Shirley, in corsa per la Casa Bianca, in definitiva, esplora in maniera dignitosa ma un po’ semplicistica una moltitudine di accadimenti, tra cui imprudenze politiche e tentativi di omicidio; ma forse il giusto tributo a una pioniera avrebbe richiesto di restituire a lei più complessità psicologica e alle sua spinta emotiva un maggiore background.

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