Cultura e Spettacoli

Coolio: il rapper che fa l’angelo «Devo meritare la mia fama»

La star nera oggi inaugura il Carnevale lanciandosi dal campanile di San Marco

«Mi dispiace, deve aspettare per parlare con Coolio, è ancora imbragato», mi ha detto ieri sera l’addetta stampa del rapper. Il re del «gangsta-rap» non è uno che si tira indietro in fatto di coraggio; lui ha sempre sfidato le regole, vita spericolata, droga, arresti e tanti guai. Stavolta, da uomo che ha fegato, si trasforma in angelo nero e oggi, a mezzogiorno preciso - per inaugurare il Carnevale di Venezia - il rapper si lancia dal campanile di Piazza San Marco per raggiungere a terra una «dogaressa» di colore. Un evento di rottura, sottilmente provocatorio nel trasformare un simbolo dei suoni ribelli del ghetto in una icona della nostra tradizione. Ma Coolio non ha paura? «Non ne ho perché amo l’avventura, e poi devo meritarmi la mia fama. Non è facile essere Coolio, canto la protesta, devo dimostrare la mia credibilità anche coi gesti. È il mio lavoro ed è anche eccitante; la gente che urla quando ti vede, che questa volta è lì col fiato sospeso. Credo che per tutti sarà una grossa emozione».
Non sembra un divo da classifica (basti pensare al successo milionario di Gangsta Paradise, ispirata a Pastime Paradise di Stevie Wonder e colonna sonora del film Pensieri pericolosi con Michelle Pfeiffer, o l’album It Takes a Thief, subito disco di platino), uno che ha sfondato anche nelle classifiche pop, ma non pare nemmeno un ribelle cresciuto nel ghetto. «Sono un rapper e rappare è la cosa che so fare meglio; non cambio ma oggi ho dei figli e quindi devo essere di esempio. La rabbia aiuta ma oggi c’è anche bisogno di simboli positivi; quindi non mi drogo più, non mi metto più nei guai senza perdere la mia carica eversiva. Sono giovane, ho 44 anni e ancora tante cose da dire. Voglio che tutto ciò che faccio sia speciale». Come buttarsi da un campanile. «Se sono stato chiamato qui vuol dire che il mio nome e le mie canzoni contano qualcosa, altrimenti non mi avrebbero voluto dall’altra parte del mondo». Già Venezia non sembra proprio una metropoli americana. «È una città unica, romantica, questa piazza è così diversa con i caffè, l’arte, un mondo a parte». Non è che il duro si commuove. «La bellezza è bellezza. Poi io sono molto legato all’Italia, ho girato il videoclip di Dip It a Roma con Aida Yespica».
Ha conquistato diversi premi, dai Music Award agli Mtv Award ma ha sempre voglia di mettersi alla prova e di contagiare tutti col suo entusiasmo giovanile. Si capisce che per lui il rap è quotidianità, realtà, vita. «A volte la giornata è dura, a volte è serena e tranquilla. Il rap serve a mettere in ordine gli stati d’animo e a buttarli fuori sotto forma di emozione. Il rap permette la massima libertà espressiva». Ma anche il successo e i soldi la permettono. «Ovviamente i soldi sono importanti, soprattutto per crescere i miei figli, ma non bisogna diventare schiavi del danaro come accade a molti. Io sono cresciuto in un mondo duro e difficile, ma ora mi sento davvero libero da tutto.

Sto lavorando alle nuove canzoni, sono in una fase molto positiva e anche il rap in generale lo è, perché tutti insieme combattiamo per un avvenire migliore, ognuno come può, a volte anche con atteggiamenti criticabili e troppo violenti. Ma questa è la vita».

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