Cronaca giudiziaria

File secretati su Messina Denaro: Corona nei guai, in manette un politico e un maresciallo

Il sottufficiale in servizio al Nor di Mazara del Vallo avrebbe sottratto quasi 800 file dai server dei Carabinieri per passarli poi al consigliere che ha cercato di venderli a Corona

File secretati su Messina Denaro: Fabrizio Corona nei guai, in manette un politico e un maresciallo

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File secretati su Messina Denaro: Fabrizio Corona nei guai, in manette un politico e un maresciallo

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Un maresciallo dei carabinieri, Luigi Pirollo, in servizio presso un comando Compagnia e un consigliere comunale della provincia di Trapani, ​Giorgio Randazzo di Mazara del Vallo, sono finiti in manette per aver provato a vendere file secretati riguardanti Matteo Messina Denaro a Fabrizio Corona. Si tratta in particolare di documenti legati alle fasi immediatamente successive all'arresto dell'ex latitante, che Corona era intenzionato ad acquistare. Per questo motivo nell'ambito della stessa inchiesta sono state eseguite perquisizioni a Milano, in luoghi nella disponibilità dell'ex re dei paparazzi che è indagato per questa vicenda.

Gli inquirenti hanno cercato di ricostruire la catena di approvvigionamento dei documenti. D quanto finora emerso, il sottufficiale dell'Arma ne è entrato in possesso grazie al suo ruolo e che li avrebbe ceduti a scopo di lucro al consigliere comunale. Il maresciallo, in servizio al Nor di Mazara del Vallo, è riuscito a entrare in possesso di 786 file che si trovavano sui server dell'Arma e che sono coperti da segreto. Il consigliere comunale avrebbe cercato di venderli a Corona, che da qualche tempo si occupa di "produrre" notizie con la sua società Athena per cedere pacchetti di "esclusive" a diversi media. A quel punto, l'ex re dei paparazzi avrebbe poi suggerito a Randazzo di rivolgersi a Moreno Pisto, direttore del quotidiano online Mow, proponendogli di acquistare il materiale.

L'operazione è scattata nella notte in provincia di Trapani e a Milano. Nelle due città i militari dei comandi provinciali di Palermo e Trapani, supportati dai carabinieri del comando provinciale di Milano, hanno dato esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari, che sono state disposte dal gip del tribunale di Palermo su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia. I reati contestati alle persone arrestate sono di accesso abusivo al sistema informatico e violazione del segreto d'ufficio, aggravato dalla funzione di pubblico ufficiale, e di rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio e ricettazione. Per il politico e il militare sono stati disposti gli arresti domiciliari mentre Corona risulta solo indagato. Le indagini dei carabinieri sono coordinate dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dall'aggiunto Paolo Guido.

Sono state le intercettazioni disposte a carico di Fabrizio Corona a dare l'input all'inchiesta. Dopo la cattura dell'ex latitante, il fotografo venne in possesso di una serie di audio di chat tra il boss e alcune pazienti da lui conosciute in clinica durante la chemioterapia quando, ancora ricercato, usava l'identità del geometra Andrea Bonafede. Questo spinse gli inquirenti a mettere sotto controllo il telefono di Corona per capire se potessero esserci indicazioni su ulteriori fughe di notizie e in una delle conversazioni intercettate, che risale al 2 maggio, il fotografo fece riferimento a uno "scoop pazzesco" di cui era in possesso un consigliere comunale mai menzionato grazie a non meglio specificati carabinieri che avevano perquisito i covi del capomafia.

L'incontro tra Pisto, Randazzo e Corona si sarebbe tenuto verso fine maggio e il giornalista di Mow, con uno stratagemma, riuscì in segreto a fare copia dei file ma resosi conto della delicatezza del materiale, a quel punto si è rivolto a un collega che gli ha consigliato di parlare con la polizia. E così il direttore di Mow ha fatto, andando alla mobile di Palermo per raccontare tutta la vicenda. Sulla base delle sue testimonianze sono cominciate le indagini che hanno permesso di risalire a Pirollo, che evidentemente poco esperto di informatica aveva lasciato tracce del suo ingresso nei server dei Carabinieri.

Continuando nell'inchiesta sono emersi i contatti con il consigliere comunale e i pezzi del puzzle sono andati al loro posto, dando un senso alle parole di inizio maggio di Fabrizio Corona.

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