La stanza di Feltri

Il processo a Becciu? Ricorda il caso Tortora

Il processo a Becciu? Ricorda il caso Tortora

Caro Direttore Feltri, mi permetto anzi di chiamarla Vittorio, dato che in tanti anni l'ho sentita in confidenza con i miei pensieri e sentimenti, anche e soprattutto quando mi pareva di essere in minoranza anche in famiglia. Volevo domandarle, visto che se n'è occupato negli scorsi anni, del cardinale Becciu e se lo ritiene ancora innocente dopo due anni di processo. Dopo che era stato trattato da tutti, tranne che da lei, come un mostro, il coro tace. È morto e non ce lo dicono? Se fossi capace di farlo con il computer, a questo punto aggiungerei una faccina con lacrime che simboleggiano le risate...

Arcangelo

Caro Arcangelo, mi risulta che il cardinale Becciu, che di nome fa Angelo, e pertanto inferiore a lei nella gerarchia celeste, sia vivo vivissimo. Ed è un fatto miracoloso, che papa Francesco dovrebbe far valutare dalla commissione dei medici di Lourdes. Tanto più che il prelato sardo è riuscito a sopravvivere alla mazzata che improvvisamente gli diede lo stesso Pontefice argentino, nel settembre del 2020 senza neppure dargli la possibilità di difendersi, cosa che non si usa neppure in Italia. In diretta mondiale la reputazione di quest'uomo fu appesa al pennone più alto della barca di Pietro, con i corvi a cavargli gli occhi. Questa unanimità pelosa mi indusse subito a dubitare della colpevolezza dell'oggetto di un trattamento tipico dei linciaggi nel Far West. Esaminai le notizie, risalii alle presunte prove, e mi resi conto della loro inconsistenza, bugie frutto di invidia, dalle quali si era fatto ingannare Bergoglio, nel caso molto assistito da consiglieri pelosi ma poco dallo Spirito Santo. Credo che l'ex arcivescovo di Buenos Aires abbia avuto modo di rendersi conto della sua troppo umana precipitazione, e abbia manifestato segni di aver recuperato stima e affetto per il suo collaboratore. E che però dopo aver dato via libera alla macchina della tortura non abbia più trovato il modo di fermarla. In compenso Becciu è, dicevo, vivo.

A essere morta è piuttosto tutta la schiera di fucilatori che i primi tempi si schierarono in plotone compatto sparandogli alla schiena, e trattandolo da ladro della peggior specie. Il contrario cioè di Robin Hood e nel caso specifico di Frate Tuck, che fungeva da cappellano dell'allegra brigata. Infatti l'Eminenza cui furono lasciati il titolo e la porpora, ma - quasi a sottolineare la beffa e lo sfregio - senza alcun potere, tra cui quello importantissimo di entrare in conclave, era stato accusato e immediatamente condannato dal Vicario di Cristo per aver rapinato i soldi destinati da Sua Santità ai poveri. Il tutto per ingrassare sé stesso e i suoi parenti.

Dopo tre anni dalla esibizione della sua testa tagliata e due dall'inizio del processo, siamo alla fase finale, e non credo ci sia nessuno che osi pensarlo colpevole, dopo aver assistito allo spettacolo indecente e volgare dei (delle!) testimoni d'accusa e alla violenza verbale da tribuno della plebe del pubblico ministero. Il 27 settembre se sono bene informato riprenderà il dibattimento, e avranno voce le parti civili. Sarebbe tragico proprio per la credibilità del Pontefice e del suo tribunale che la Segreteria di Stato, che è espressione diretta del Papa, chiedesse la condanna del Cardinale, con ciò sottoponendo il Tribunale ad una pressione tale da inficiarne in qualsiasi sede internazionale la credibilità.

Infine toccherà alla difesa. L'accusa, dopo aver ottenuto dal Papa di cambiare le regole in corso di indagine, per incastrare più facilmente l'imputato, non ha trovato un solo centesimo nelle tasche di Becciu, e i centomila euro destinati alla Caritas di Ozieri dall'allora sostituto alla Segreteria di Stato, restano lì intatti, pronti per essere usati a fin di bene dal vescovo. Eppure c'è una richiesta di condanna a sette anni e tre mesi di carcere, francamente troppo poco se davvero ritenesse Becciu un traditore del Papa a scopo di lucro, ma adeguata a marchiarlo come capro espiatorio per il cattivo uso delle finanze vaticane, tra l'altro consumatosi a Londra quando ormai Becciu non aveva più alcun potere in materia.

Il mio timore è che accada come capitò a Enzo Tortora. Condanna in primo grado, assoluzione in appello, e morte dell'innocente. Gli esperti di affari di curia mi dicono che un contentino alla turba famelica dei colpevolisti, se non altro per giustificare l'enorme risonanza del caso, sia inevitabile sia data. Un piccolo graffio, come premessa della grazia papale. Sono certo, conoscendo il carattere sardo dell'uomo, in questo somigliante al mio carissimo amico Francesco Cossiga, che il cardinale si consegnerebbe serenamente ai carcerieri non so se dotati di alabarda svizzera o schiavettoni da gendarmi di Torquemada.

Mi ero ripromesso, davanti all'uso sfacciato della vicenda e del nome di Enzo, di non citarlo più. Ma chiedendo scusa ai suoi cari, e confidando nei sentimenti anticlericali ma laicamente cristiani del grande perseguitato che sono certo mi avallerebbe, faccio appello nella memoria di Tortora al sentimento di giustizia che di certo anima il presidente del Tribunale Vaticano, dottor Giuseppe Pignatone.

Se lo Spirito Santo c'è, me Lo saluti.

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