Cronaca giudiziaria

Uccise la sorella a coltellate, la madre: "Alberto è malato, va curato"

Alice Scagni fu accoltellata in strada dal fratello Alberto un anno fa. La madre del 35enne, in carcere con l'accusa di omicidio volontario, a colloquio con il figlio: "Non è riuscito a parlarmi, ha rivisto in me sua sorella"

Uccise la sorella a coltellate, la madre: "Alberto è malato, va curato"
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"Alberto è una persona malata ed è mio dovere fare di tutto perché venga curato". Non ha dubbi Antonella Zarri, la madre di Alberto Scagni, il 42enne che uccise con 17 coltellate la sorella Alice l'1 maggio 2022, in strada a Quinto (Genova), sulla grave fragilità psichiatrica del figlio. Lo ha rivisto, per la prima volta dall'omicidio, circa due mesi fa. "Lui mi ha fissata, io gli ho fatto ciao con la mano. Pochi minuti, poi ha fatto cenno alle guardie, come a dire: 'non ce la faccio, riportatemi in cella'", ha raccontato la donna in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera.

L'incontro con il figlio

Il gip del tribunale di Genova aveva ritenuto che non ci fossero i pressuposti per i contatti tra l'imputato, rinviato a giudizio lo scorso marzo con l'accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dalla crudeltà, e i familiari. Ma Antonella quell'incontro lo ha voluto e cercato con tutte le sue forze. Così, lo scorso febbraio, ha incontrato il figlio nella sala colloqui del Marassi: "Secondo me - racconta - ha rivisto in me sua sorella. Gesticoliamo allo stesso modo. Aveva lo sguardo perso nel vuoto e ho temuto che gli venisse una delle sue crisi. Dopo ho saputo che ha detto che non se la sentiva e che proverà a scrivere".

"Alberto è una persona malata"

Sulla presunta seminfermità mentale del 42enne, accusa e difesa si dividono: per i periti Alberto avrebbe un atteggiamento manipolatorio e vittimistico. Non la pensa così la madre dell'imputato: "Mio figlio è una persona malata, - dice Antonella - è mio dovere fare di tutto perché venga curato. Come tutte le mamme sarei disposta anche a vendere un rene per far curare un figlio". I genitori di Alice si sono costituiti parte civile al processo contro il primogenito: "Perché è giusto. Io voglio che venga curato, non certo tirarlo fuori dal carcere. Per quel che ha fatto deve avere la giusta pena che merita. Ma, allo stesso tempo, visto che è malato, deve essere assistito. Cosa che temo non avvenga". Nelle lettere scritte in carcere, e inviate alla psichiatra, Alberto lamenta una notevole insofferenza all'ambiente carcerario. "Dopo un periodo trascorso in un reparto di medicina ho saputo che è stato trasferito in una sezione comune ed è in cella con un altro detenuto. - racconta la donna - Ma non riceverebbe trattamenti adeguati. Ci risulta che abbia avuto una crisi epilettica e lo hanno soccorso in ritardo. E soprattutto non verrebbe curato per i suoi scompensi psichiatrici". Poi continua: "Alberto ed Alice sono cresciuti insieme, hanno avuto la stessa educazione e si volevano terribilmente bene. Purtroppo uno è venuto male, che facciamo lo buttiamo giù dalla rupe? È questa la civiltà del nostro Paese? Se è così risparmiamoci psicologi e medici in carcere".

Il dolore a un anno dalla tragedia

A un anno dalla tragedia "resta disperazione e rabbia perché la si poteva evitare", dice Antonella. Per la morte di Alice sono in corso due procedimenti: uno a carico del fratello, l'altro nei confronti di due agenti della centrale operativa di Genova e la dottoressa della Salute mentale. "È stata una delusione scoprire che chiami il 112 per dire che tuo figlio minaccia di ucciderti, - prosegue - spieghi che è in cura nel centro di Salute mentale ed è fuori controllo, che può fare del male a chiunque, e ti senti rispondere che non c’è una denuncia. Ma cosa ci vuole per far capire ad un operatore che c’è un pericolo imminente?". "È giusto che Alberto venga condannato, ma al contempo vogliamo che si confermi che è seminfermo di mente come ha accertato la perizia del Gip. - spiega Antonella -E invece la Procura, e purtroppo anche il legale dei nostri consuoceri, vogliono dimostrare che è sano di mente. Sarebbe solo lui il mostro al quale addossare ogni colpa, seppellirlo in galera e buttare via la chiave. Ma se Alberto è sano di mente di conseguenza non ci sono responsabilità degli agenti che non intervennero (nell’inchiesta parallela sono indagati per morte come conseguenza di altro reato, ndr ) e del medico di Salute mentale. Sarebbe il modo per insabbiare tutto sulla testa di Alberto. Purtroppo la storia è più complessa: mio figlio è colpevole, ma anche malato. Va condannato, ma anche curato".

Poi conclude: "Abbiamo perso non uno ma due figli".

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