Cronaca internazionale

Crisi senza fine al Congresso Usa, nuovo speaker l'11 ottobre: cosa succede

Dopo la destituzione di Kevin McCarthy alla Camera Capitol Hill piomba nel caos. L'obiettivo è giungere ad un nuovo speaker quanto prima: ma la crisi politica resta

Crisi senza fine al Congresso Usa, nuovo speaker l'11 ottobre: cosa succede

Il Congresso Usa è ufficialmente nel caos. Ma dopo la notte di tregenda appena trascorsa a Capitol Hill, a Washington è tempo di fretta e di bilanci allo stesso tempo. Nessuna notizia ancora sui prossimi passaggi, viste le sabbie mobili nelle quali ora sono costretti a muoversi entrambi i partiti. Senza dubbio, anche la prossima elezione dello speaker promette di dare spettacolo, e probabilmente non dei più edificanti. I repubblicani ora battono in parziale ritirata, ma in ordine sparso, immediatamente chiusi nei loro distretti a poche ore dalla mossa storica di ieri.

La Camera senza speaker, il Congresso Usa nei guai

Il sole è tramontato sulla East coast ma non sulla collera del destituito Kevin McCarthy che, appena dopo l'annuncio della sua non ricandidatura, è passato all'attacco. "Oggi ho perso una votazione, ma ho combattuto per ciò in cui credo e io credo nell'America", sottolineando di non essere pentito per aver negoziato con i democratici. Una dichiarazione che, di per sè, ribalta tutte le poche certezze sugli schieramenti, esponendo il Congresso, ancora una volta, al paradosso. L'unica cosa certa è che almeno lui, ora potrà dormire sogni tranquilli.

Un po' meno il capopopolo della fronda trumpiana, Matt Gaetz, che ha visto la sua fama crescere improvvisamente: a onore del vero, il repubblicano fedelissimo a Trump si era già distinto tra i "Never Kevin" (gli "anti-Kevin"), rappresentanti eletti che si sono rifiutati di votare per l'ex speaker californiano, di cui dicevano di non fidarsi. Politicamente contrario al diritto all'aborto, apertamente scettico sul clima, difensore della lobby delle armi e propagatore della teoria cospirativa della "Grande Sostituzione", Gaetz sposa praticamente tutti gli ingredienti del Maga duro e puro. Una mossa azzardata, pericolosa, in un momento così delicato che passa per lo shutdown - per ora rimandato – la guerra in Ucraina e le presidenziali 2024. Un gesto scellerato, criticato dai moderati del Gop, che rischia perfino di far passare la bagnarola dem e Joe Biden per statisti raffinatissimi, non avendo ceduto al salvataggio di McCarthy.

McCarthy promette di dare battaglia al Congresso Usa

Al di là delle miserie interne, come era già accaduto nello scorso weekend, sono le ripercussioni di questi moti sulla guerra in Ucraina a gettare scompiglio nello scacchiere internazionale. La mossa al Congresso Usa, infatti, ora paralizza l'attività della Camera. A cercare di sedare gli animi, ci ha pensato il segretario di Stato Antony Blinken che, pur avendo ammesso che negli Stati Uniti c'è scetticismo sulla possibilità di continuare a sostenere l'Ucraina di fronte all'invasione della Russia, ha sottolineato che si tratta di una questione di "interesse nazionale". "Gli americani sono un po' frustrati dal fatto che sembra che noi ci stiamo accollando gran parte del peso, ma il resto del mondo sta facendo un lavoro straordinario", ha detto in un discorso al Baker Institute della Rice University a Houston, in Texas.

Il prossimo obiettivo è dunque quello di giungere nel più breve tempo possibile alla nomina di un nuovo speaker che possa riattivare la funzione della Camera e dunque del Congresso Usa, con la prima votazione in programma l'11 ottobre. Su questo punto, lo stesso McCarthy promette di dare battaglia: "I miei obiettivi non sono cambiati. La mia battaglia assumerà soltanto una forma differente". Riferendosi ai colleghi di partito conservatori che hanno votato in favore della mozione di sfiducia assieme ai deputati della minoranza democratica, l'ormai ex presidente della Camera ha lamentato che "il 4% della nostra conferenza (repubblicana) possa unirsi ai Democratici e dettare chi possa essere il presidente repubblicano di questa Camera. Non penso faccia bene all'istituzione, ma a quanto pare qui sono l'unico. Penso di potere continuare a combattere, ma in modo differente. Non mi ricandiderò di nuovo a presidente della Camera. La conferenza dovrà scegliere qualcun altro".

L'ingovernabilità del Gop al Congresso Usa

McCarthy, che ha incassato diversi attestati di stima fra i quali quel di Mitch McConnell, è pronto a diventare il simbolo di una battaglia nella battaglia. Riferendosi al recente accordo mediato con la Casa Bianca per il contenimento della spesa pubblica, e a quello dei giorni scorsi per il rifinanziamento temporaneo delle attività del governo federale, ha dichiarato che i suoi detrattori all'interno della maggioranza repubblicana "hanno votato in primo luogo contro uno dei più grandi tagli (della spesa) mai votato nella storia del Congresso, e in secondo luogo contro requisiti di lavoro e contro la sicurezza al confine. Non possono permettersi di dire che sono conservatori solo perché sono arrabbiati e caotici. Non è questo il partito cui appartengo. Non sono conservatori, e non hanno il diritto di appropriarsi di quel titolo".

Una dichiarazione che getterà nuovo scompiglio nel Gop, una volta per tutte-forse-costretto a fare chiarezza al suoi interno. I Repubblicani sono Trump o sperano di poter essere oltre? La fronda di Gaetz, infatti, tenta di riportare il partito agli Novanta, contestando l'uso continuo di risoluzioni. La sua convinzione di base sostiene che l'unico modo di conseguire riforme programmatiche passi dal sottoporre ogni singolo disegno di legge e alla conferenza, per poi dibatterlo ed emendarlo, se necessario.

Ma soprattutto, passa per il rifiuto totale del compromesso: un altro dei deputati repubblicani che hanno votato in favore della sfiducia a McCarthy, Bob Good della Virginia, ha dichiarato che "i cittadini americani hanno bisogno di un presidente della Camera che lotti per mantenere le promesse formulate dai Repubblicani per ottenere la maggioranza, e non di qualcuno che negozi accordi fiscalmente irresponsabili che porteranno più voti ai Democratici che ai Repubblicani".

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