Cronaca internazionale

Dalle Barbie alla Nike: la "rivolta" che rischia di far esplodere i prezzi

I giovani asiatici non vogliono più lavorare nelle fabbriche: l’era della spesa super economica è a serio rischio

Dalle Barbie alla Nike: la "rivolta" che rischia di far esplodere i prezzi

Ascolta ora: "Dalle Barbie alla Nike: la "rivolta" che rischia di far esplodere i prezzi"

Dalle Barbie alla Nike: la "rivolta" che rischia di far esplodere i prezzi

00:00 / 00:00
100 %

L’Asia, la fabbrica del mondo, deve fare i conti con un grosso problema: i giovani non vogliono lavorare nelle fabbriche. Ambizioni diverse, stili di vita nuovi. Ma le conseguenze rischiano di pesare sull’economia di tutto il mondo: da Barbie alla Nike, la nuova era rischia di fare esplodere i prezzi a livello internazionale.

Le fabbriche di abbigliamento asiatiche stanno cercando di rendere più allettanti i piani di produzione, un campanello d’allarme per le aziende occidentali che fanno affidamento sulla manodopera a basso costo di quell’area per ottenere beni di consumo a prezzi accessibili. Come evidenziato dal Wall Street Journal, il tramonto della manodopera industriale asiatica - ultraeconomica - rappresenta l’ultimo banco di prova del modello manifatturiero globalizzato, che negli ultimi tre decenni ha fornito ai consumatori di tutto il mondo una vasta gamma di beni prodotti a prezzi super economici.

“Non c’è più nessun posto sul pianeta che sarà in grado di darti ciò che vuoi", le parole di Paul Norriss, il co-fondatore britannico della fabbrica di abbigliamento del Vietnam, UnAvailable, con sede a Ho Chi Minh City:"Le persone dovranno cambiare le loro abitudini di consumo, così come i marchi". I lavoratori ventenni, la forza lavoro tradizionale dell'industria dell'abbigliamento, abbandonano regolarmente il programma di formazione della sua azienda, ha aggiunto Norriss. Chi rimane spesso lavora solo per un paio d'anni: “Tutti vogliono essere influencer su Instagram, fotografi, stilisti o camerieri in un bar”.

In risposta alla crisi, le fabbriche asiatiche hanno dovuto aumentare i salari e adottare strategie a volte costose per trattenere i lavoratori, dal miglioramento delle tariffe della mensa alla costruzione di asili per i figli dei lavoratori. Ma non sono mancate le criticità. Hasbro – produttore di giocattoli – ha confermato che la carenza di manodopera in Vietnam e Cina ha fatto aumentare i costi. La Mattel, produttrice di Barbie, vanta un’ampia base produttiva in Asia e anche lei deve fronteggiare l’aumento del costo del lavoro. Entrambe le realtà hanno aumento i prezzi dei loro prodotti. Ma non è tutto. La Nike produce la maggior parte delle sue scarpe in Asia e a giugno ha segnalato che i costi dei suoi prodotti sono aumentati a causa delle maggiori spese di manodopera.

A partire dagli anni Novanta, la Cina e gli altri centri manifatturieri asiatici si sono integrati nell’economia globale. Le realtà agricole si sono trasformate in centri industriali. Ora questi stessi centri devono sfidare il problema generazionale: i lavoratori più giovani, più istruiti dei loro genitori e veterani di Instagram, TikTok e altri social media, ritengono che la loro vita lavorativa non dovrebbe svolgersi all'interno delle mura della fabbrica. I cambiamenti demografici interpretano un ruolo di primo piano: i giovani asiatici di oggi hanno meno figli rispetto alle generazioni precedenti. E per questo motivo hanno meno “motivi” per assicurarsi un reddito stabile all’età di 20 anni.

Grandi criticità in particolare in Cina. Il Wsj segnala una disoccupazione giovanile al 21%, nonostante la carenza di manodopera nelle fabbriche. E ancora, le multinazionali hanno spostato la produzione in altri Paesi come Malesia, Indonesia, Vietnam e India. Ma superare gli ostacoli non è facile come un tempo: basti pensare al Vietnam, dove i salari sono più che raddoppiati dal 2011. Nella stessa Cina dal 2012 al 2021 sono aumentati del 122%. E molte realtà tra Asia meridionale e Africa, pur ricche di manodopera, sono politicamente instabili o prive di infrastrutture.

Insomma, tutto è cambiato molto rapidamente nell’arco di due decenni. Nel 2001 l’80% degli operai della Nike era in Asia, l’età media era di 22 anni. Oggi l’età media di un dipendente Nike in Cina ha 40 anni, mentre in Vietnam ne ha 31. Shawn Nelson, ad di Lovesac (produttore di Mobili), ha spiegato che i giovani asiatici di oggi, muniti di smartphone e connessi alla cultura globale, non sono interessati a lavorare in fabbrica: “Una volta che possono vedere i Kardashian, non vogliono più fare questi lavori. Preferiscono lavorare in un negozio”. Le ripercussioni sono e saranno sempre più globali: previsto un esponenziale aumento dei prezzi, fino all'inevitabile addio alle spese super economiche.

Da Barbie alla Nike.

Commenti