Cronaca internazionale

La vicenda di Julian Assange tappa per tappa

La decisione sull'estradizione del fondatore di Wikileaks non giungerà oggi, ma "in data non precisata". Per il governo degli Usa l'operato del giornalismo sarebbe andato "ben oltre" il giornalismo

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La notizia sulle sorti di Julian Assange non giungerà oggi. L'Alta Corte di Londra deciderà al più presto, in data imprecisata, se autorizzare l'estradizione di Assange negli Stati Uniti.

Perchè Assange è a Londra

Classe 1971, Assange balza agli onori della cronaca nel 2007, quando è tra i fondatori di Wikileaks, il sito web che ha come obiettivo quello di rivelare centinaia di migliaia di file segreti del governo degli Stati Uniti sulla guerra in Iraq e in Afghanistan. A partire dal 2010 il giornalista australiano ha divulgato sul portale quasi 700mila file sotratti al Pentagono e al Dipartimento di Stato, molti dei quali riguardanti le violenze e gli abusi commessi dalle truppe americane nello scenario mediorientale. Il 18 novembre di quell'anno, con una strana coincidenza temporale, il tribunale di Stoccolma spicca un mandato di arresto per Assange, con l'accusa di stupro: il giornalista grida al complotto, ritenendo l'accusa un becero espediente per essere estradato dalla Svezia agli Stati Uniti, dove ormai è considerato nemico pubblico.

Nemmeno un mese più tardi Assange si consegna agli uffici di Scotland Yard, venendo arrestato tramite mandato di cattura europeo. Rilasciato su cauzione, un anno dopo si vedrà raggiungere dall'accoglimento dell richiesta di estradizione in Svezia. Fra vari tiri e molla, nel giugno 2012, Assange ottiene lo status di rifugiato politico dal governo dell'Ecuador: ed è nell'ambasciata equadoregna che passa i sette anni successivi. Un salvacondotto che però va in frantumi nel 2019, quando Assange viene prelevato con la forza dall'ambasciata che era divenuta il suo domicilio, per essere condotto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh. Lo stesso giorno, il governo degli Usa apre a suo carico l'inchiesta relativa all'intrusione informatica ai sensi dell'Espionage Act del 1917.

La peculiarità del caso Assange

Le accuse che il governo degli Stati Uniti rivolge ad Assange costituiscono un unicum nella storia degli Stati Uniti. Infatti, non è di certo la prima volta che Washington deve fronteggiare fuga di notizie e di file top secret giunti in qualsivoglia modo alla stampa. Qui, però, la giustizia americana pone un cavillo di portata fondamentale: Assange è un giornalista? Wikileaks può essere trattata alla stregua del Washington Post o del New York Times? La risposta dei falchi della sicurezza è assolutamente no. Assange è una spia e come tale andrebbe trattato. Ma un precedente simile registrerebbe un gravissimo passo indietro per la libertà di stampa, ma soprattutto per il I Emendamento, tracciando una linea di demarcazione che i Padri Fodnatori non tracciarono, minando gravemente la libertà di informazione. A questo si è aggiunta nel tempo una complicazione ulteriore: Assange non è cittadino degli Stati Uniti. Come, dunque, invocare il I Emendamento a tutela di chi non è americano? Vista dalla prospettiva del Dipartimento di Giustizia, invece: come far estradare, giudicare e condannare un uomo per qualcosa che qualsiasi quotidiano ed editore americano potrebbe fare senza subirne le conseguenze giuridiche? Nel corso degli anni, di amministrazione in amministrazione, la giurisprudenza d'Oltreoceano è stata costretta più volte a tornare sul grattacapo iniziale: il confine tra leaker, giornalista ed editore. Ecco perchè ci sono voluti tutti questi anni per giungere a una risposta che, tuttavia, tarderà ancora qualche giorno ad arrivare.

Le accuse di Washington contro Assange si aggravano

Se l'opinione pubblica internazionale si è scissa tra fedelissimi di Assange, in nome della libertà di stampa, e detrattori, da Washington, invece, è stata via via rincarata la dose. L'ulteriore tesi è che il fondatore di Wikileaks avrebbe "messo a rischio delle vite" diffondendo documenti statunitensi riservati e dovrebbe essere estradato per affrontare la giustizia americana. Lo hanno dichiarato gli avvocati James Lewis e Claire Dobbin, che hanno rappresentato gli Stati Uniti innanzi all'Alta Corte di Londra. Dobbin, in particolare, ha sottolineato che la richiesta di estradizione del giornalista australiano Assange è motivata dalle sue presunte azioni e non dalle sue idee politiche. E ha aggiunto che alcune fonti citate nei documenti resi pubblici da Assange hanno dovuto affrontare "profonde conseguenze", tra cui l'arresto, la perdita di beni materiali, minacce e molestie. "Non si è trattato di uno scivolone o di un errore, si è trattato della pubblicazione di una grande quantità di materiale riservato", ha detto Dobbin in udienza. Nelle dichiarazioni scritte, Dobbin e James Lewis KC hanno descritto la fuga di notizie come "una delle più grandi diffusione di informazioni riservate nella storia degli Stati Uniti".

Inoltre "pubblicando queste informazioni sul sito Wikileaks", Assange "ha provocato un rischio grave che le fonti ivi menzionate potessero subire gravi danni fisici".

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