Cronaca internazionale

"Illegale il piano per i migranti in Ruanda": stangata dei giudici contro il governo inglese

La Corte d'appello di Londra ha dichiarato illegale il contestatissimo piano voluto dal governo britannico. Si tratta di un duro colpo per l'esecutivo di Rishi Sunak e per il disegno di legge noto come Illegal Migration Bill

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La Corte d’appello di Londra ha stabilito che il piano del governo britannico di deportare i richiedenti asilo in Ruanda è illegale. Si tratta di un duro colpo per l'esecutivo del premier inglese Rishi Sunak e per il disegno di legge noto come Illegal Migration Bill introdotto per fermare gli sbarchi irregolari sulle coste inglesi e impedire ai migranti di attraversare la Manica su piccole imbarcazioni. Tre alti giudici d’appello hanno stabilito a maggioranza che il Ruanda non può essere trattato come un Paese terzo sicuro.

La decisione che scuote Londra

Ricordiamo che il Regno Unito aveva annunciato un accordo multimilionario con il Ruanda nella primavera del 2022, promettendo di deportare le persone che riteneva avessero compiuto "viaggi pericolosi, inutili e illegali" nel Regno Unito verso la nazione centrafricana.

La corte ha sostanzialmente dato ragione al ricorso presentato dai richiedenti asilo e dalle organizzazioni in difesa dei migranti mentre il governo conservatore è uscito sconfitto proprio nei giorni in cui in Parlamento si discute del disegno di legge per fermare gli sbarchi. Secondo la sentenza, il Ruanda non può essere considerato un Paese terzo sicuro: "A meno che le carenze" nel sistema di asilo della nazione africana non vengano corrette, il trasferimento resta illegale.

Secondo quanto riportato da Politico, è probabile che questa conclusione legale provochi una reazione da parte dei parlamentari conservatori, già irritati da un precedente intervento della Corte europea dei diritti dell'uomo che, in precedenza, aveva già bloccato un volo pianificato. Il caso potrebbe ora affrontare ulteriori dispute presso la Corte Suprema.

Il nodo spinoso di Sunak

Il piano era stato introdotto durante l'esecutivo di Boris Johnson ma era rimasto di fatto inattuato per le tante azioni legali avviate. Nei giorni scorsi era scoppiata un'altra polemica, fra l'altro dentro lo stesso partito di maggioranza, per i costi del progetto rivelati dal ministero dell'Interno. Le stime sui costi per il trasferimento di un singolo immigrato dall'Uk al Ruanda si aggirerebbero infatti intorno a 169 mila sterline (196 mila euro).

Proprio su questi dati si è innescato un botta e risposta tra la deputata conservatrice Caroline Nokes, presidente della Commissione per le Pari opportunità della Camera dei Comuni, secondo cui i costi del piano superano i benefici, e la ministra dell'Interno Suella Braverman, fautrice della linea intransigente verso i migranti e convinta sostenitrice dell'iniziativa.

La sentenza spinge Sunak nell'occhio del ciclone, con il primo ministro che deve fare i conti con altri dossier scottanti, come gli alti livelli di inflazione e il calo del sostegno pubblico, oltre alle crescenti pressioni da parte del suo stesso partito e del pubblico per mettere un freno allo sbarco dei migranti nel Paese.

La posizione del Ruanda

Annunciando la decisione della Corte d’Appello, il giudice Ian Burnett ha dichiarato: "Le carenze nel sistema di asilo in Ruanda sono tali che vi sono motivi sostanziali per ritenere che esista un rischio reale che le persone inviate in Ruanda vengano rimpatriate nei loro paesi d’origine dove sono subire persecuzioni o altri trattamenti disumani".

Il portavoce del governo ruandese, Yolande Makolo, ha offerto una risposta emblematica: "Contestiamo la sentenza secondo cui il Ruanda non è un Paese sicuro per richiedenti asilo e rifugiati.

Come società e come governo, abbiamo costruito un ambiente sicuro, protetto e dignitoso, in cui migranti e rifugiati hanno pari diritti e opportunità dei ruandesi. Tutti coloro che si trasferiranno qui nell'ambito di questa partnership ne trarranno beneficio". Il Ruanda, ha concluso Makolo, rimane insomma pienamente impegnato a far funzionare questa partnership.

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