Cronaca internazionale

Arabia Saudita, Iraq e Iran: il mondo islamico prepara la risposta ai roghi del corano

Arabia Saudita e Iran hanno già convocato i rappresentanti svedesi, da Hezbollah appello a isolare politicamente la Svezia

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Le proteste nel mondo arabo legate al rogo del Corano a Stoccolma non sembrano fermarsi all'Iraq, Paese più coinvolto per via sia dell'origine irachena di chi ha compiuto il gesto e sia perché l'azione dimostrativa è avvenuta proprio davanti l'ambasciata irachena in Svezia. Dopo l'assalto di ieri della sede diplomatica svedese a Baghdad, la tensione non si è smorzata. E anzi, da buona parte del mondo arabo e islamico arrivano inviti ad azioni politiche di protesta contro la Svezia.

Le mosse di Iran e Arabia Saudita

Tutto è iniziato quando a giugno Salwan Momika, rifugiato iracheno in Svezia, ha chiesto e ottenuto il permesso di bruciare una copia del Corano davanti l'ambasciata irachena di Stoccolma. Le autorità locali hanno dato il permesso di attuare questo gesto, con la motivazione secondo cui un'azione del genere rientrerebbe nella sfera della libertà di espressione. Dopo una prima protesta ufficiale irachena e dopo un tentativo di irruzione a Baghdad all'interno dell'ambasciata svedese, la situazione sembrava essere rientrata.

Ma nelle scorse ore, il ragazzo di origine irachena ha ripetuto l'azione dimostrativa. Salwan Momika ha infatti ricevuto una nuova autorizzazione per presentarsi davanti la sede diplomatica irachena a Stoccolma. Questa volta ha calpestato la copia del testo sacro, tanto è bastato però, come prevedibile, per accendere gli animi. A Baghdad manifestanti hanno assaltato l'ambasciata svedese, con le autorità irachene accusate di aver fatto poco o nulla per prevenire l'incendio appiccato all'interno dell'edificio.

Adesso a muoversi è l'intero mondo arabo. Arabia Saudita e Iran hanno convocato i rappresentanti di Stoccolma. Due azioni che ben descrivono la situazione: Riad è infatti un punto di riferimento soprattutto per il mondo islamico sunnita, mentre Teheran rappresenta la potenza regionale sciita. Segno quindi di come sia tra sunniti che tra sciiti l'irritazione per quanto avvenuto in Svezia è piuttosto accentuata. L'Iraq ha già annunciato la chiusura momentanea dei rapporti diplomatici con Stoccolma, Arabia Saudita e Iran per adesso hanno formalmente chiesto spiegazioni ai rappresentanti del Paese scandinavo.

Nelle scorse ore si è avuto anche un colloquio telefonico tra i ministri degli esteri di Iraq e Iran, in cui è stata concordata la richiesta comune di convocazione dell'organizzazione per la cooperazione islamica. A Teheran inoltre, così come sottolineato da Al Jazeera, è stato lanciato un appello a protestare contro la Svezia dopo le preghiere del venerdì.

L'appello del leader di Hezbollah

Una situazione in evoluzione quindi e che, in concomitanza con il giorno sacro per i musulmani, potrebbe accendere ulteriori scintille in tutto il medio oriente. Una dimostrazione arriva anche da Libano. Qui il leader degli Hezbollah, il movimento politico e paramilitare sciita libanese, ha chiesto a tutti i Paesi arabi e islamici di espellere gli ambasciatori svedesi. L'invito da parte di Hassan Nasrallah, è stato diffuso sui social e sui canali di comunicazione del movimento sciita.

Per il momento comunque, anche Hezbollah mantiene le proprie rimostranze su un piano prettamente politico. Nella nota di Nasrallah non c'è infatti un riferimento a proteste di piazza da attuare a Beirut o in altre città arabe o musulmane. Molto probabilmente, dopo le violenze di Baghdad, i leader mediorientali hanno l'interesse a mantenere nel rango politico le proteste senza aizzare molto le folle. La tensione è però comunque molto alta: il rischio è quello di assistere agli stessi scenari visti ad esempio nel 2006, quando l'intero mondo islamico ha attuato forti proteste dopo alcune vignette considerate blasfeme su un quotidiano danese.

Intanto proprio da Stoccolma si apprende che il governo ha deciso il trasferimento dell'ambasciata in Iraq nella capitale svedese.

Ambasciatore, funzionari e operatori, da oggi e fino a nuovo ordine lavoreranno da Stoccolma per evitare di esporsi al rischio di nuovi assalti a Baghdad.

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