Cronaca internazionale

"Crea dipendenza". Gli utenti fanno causa a Tinder

Negli Stati Uniti, alcuni utenti hanno promosso una "class action" nei confronti della società proprietaria di Tinder. Secondo i querelanti, l'applicazione di incontri occasionali creerebbe dipendenza e spingerebbe gli utenti ad attivare funzionalità a pagamento con l'illusione di trovare l'amore

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Tinder, la celebre applicazione online di appuntamenti occasionali utilizzata in tutto il mondo, sarebbe stata progettata appositamente"con caratteristiche di design coinvolgenti e simili a quelle di un gioco", ponendosi l'obiettivo di intrappolare l'utenza in un utilizzo "compulsivo" piuttosto che aiutare gli iscritti a trovare la persona che cercano. Questo è se non altro il pensiero di alcuni utenti statunitensi, i quali hanno intentato un'azione legale collettiva nei confronti di Match Group (ossia una la casa madre di Tinder) e di altre due applicazioni di "dating" simili, Hinge e The League. Lo riporta la stampa americana, facendo presente come (perlomeno a detta dei fruitori che hanno promosso la "class action" depositata in un tribunale federale della California) Match progetterebbe le sue app per far sì che chi si iscrive ne diventi dipendente e continui a sottoscrivere abbonamenti "premium" a pagamento.

Sul piano pratico, la società in questione farebbe un uso deliberato di "funzionalità psicologicamente manipolative per assicurarsi di far rimanere gli utenti perennemente sull'app, come abbonati paganti". La causa sostiene quindi che le app di Match violino le leggi sulla protezione dei consumatori, dando priorità ai profitti aziendali rispetto alle sue promesse di marketing e agli obiettivi di relazione con i clienti. Non è tutto: i querelanti ipotizzano anche che Tinder e le altre applicazioni di incontri occasionali utilizzino "potenti tecnologie e algoritmi nascosti" per mantenere gli utenti sui rispettivi "spazi virtuali", basando il proprio modello di business sugli acquisti di abbonamenti e funzionalità varie. E si tratterebbe quindi di uno specchietto per le allodole: se Tinder è scaricabile ed utilizzabile gratuitamente nella sua versione base, l'app propone di continuo l'acquisto di funzioni ulteriori a pagamento che tuttavia si renderebbero di fatto necessarie per poter sfruttare al massimo le possibilità del prodotto.

Si tratta ad esempio di "pacchetti" che garantiscono una maggior visibilità all'acquirente a scapito dei profili-base, perlomeno nell'area geografica indicata al momento dell'iscrizione. Funzionalità che verrebbero commercializzate come strumenti che potenziano la possibilità di "avvicinarsi all'amore" ma che, in realtà, secondo i querelanti non farebbero altro che spingere gli utenti nella trappola rappresentata dall'utilizzo compulsivo. E ci sarebbe già stato un primo riscontro da parte del gruppo proprietario di Tinder: Match ha a quanto pare definito la causa "ridicola", dichiarando ai media americani che le accuse mosse dai promotori dell'azione legale "non sono basate su metriche pubblicitarie o di coinvolgimento".

Ma chissà che non possano esserci ulteriori sviluppi nelle prossime settimane, giunti a questo punto.

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