Cronaca internazionale

L'ultima mossa di Putin: "Vuole un'altra base militare nel Mediterraneo"

Secondo il Wall Street Journal, emissari di Mosca premono sul generale libico Haftar per avere una base navale nell'est della Libia

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L'idea di una base navale russa in Libia circola tra i corridoi diplomatici già da molti anni. Del resto, la Russia è stretta alleata del generale Haftar dal 2016. Da quando cioè l'uomo forte della Cirenaica ha iniziato a prendere pieno possesso del territorio dell'est del Paese. Mosca, in particolare, in cambio di aiuti economici e militari avrebbe spesso chiesto la possibilità di entrare con parte della sua flotta a Bengasi o Tobruk. Adesso però le pressioni su Haftar si sarebbero fatte ancora più intense. A riferirlo sono alcuni cronisti del Wall Street Journal, a cui fonti della sicurezza Usa hanno espresso i timori di Washington per un eventuale allargamento dell'influenza russa nel Mediterraneo.

Le pressioni di Mosca su Haftar

Sarebbero almeno due, secondo il Wsj, i porti individuati da Mosca per far attraccare le proprie navi. Il primo è quello di Bengasi, la città più grande e più importante della Cirenaica, lì dove Haftar ha il suo quartier generale. L'altra invece è Tobruk, a pochi chilometri dal confine con l'Egitto, nella parte più orientale della costa libica. Si tratta in entrambi i casi di due infrastrutture già pronte e dotate di tutte le infrastrutture necessarie per accogliere la flotta.

I russi quindi potrebbero spendere poco per rendere una delle due città libiche sede della seconda base di Mosca nel Mediterraneo. La prima, come si sa, è quella della città siriana di Tartus e risale agli anni Sessanta. All'epoca cioè degli accordi tra l'Unione Sovietica e Hafez Al Assad, padre dell'attuale presidente siriano Bashar Al Assad.

Il "colpo" in Libia sarebbe importante per le ambizioni russe nel Mediterraneo e, soprattutto, in Africa. Per questo Putin, secondo il Wsj, ha inviato negli ultimi giorni importanti emissari per parlare direttamente con Haftar. Tra questi, anche il vice ministro della Difesa Yunus-Bek Yevkurov. Quest'ultimo è stato più volte a Bengasi nelle ultime settimane. A fine agosto, pochi giorni prima dello schianto dell'aereo su cui viaggiava Evgenji Prigozhin, Yevkurov aveva chiesto ad Haftar di iniziare ad affrancarsi dalla presenza della Wagner. La compagnia privata cioè di cui Prigozhin era titolare e che nell'est della Libia ha rappresentato la "longa manus" del Cremlino.

Adesso invece, la richiesta riguarderebbe direttamente la possibilità di impiantare una base navale in uno dei due porti più importanti della Cirenaica. Non è chiara al momento la risposta e la volontà del generale. Anche perché Haftar deve per adesso fronteggiare il disastro provocato dal ciclone Daniel nelle aree da lui controllate.

Perché la Russia vuole una base in Libia

Mosca ha molti interessi per adesso nell'area che dal Nord Africa si dirada verso il Sahel. Lo dimostra il fatto che la Wagner ha operato per diverso tempo non solo in Libia, ma anche in Paesi del Sahel come Mali e Repubblica Centrafricana. Adesso il Cremlino sta provando a sostituire la compagnia di Prigozhin con altre compagnie private, con l'obiettivo di continuare a rimanere tra le dune del Sahara e investire così politicamente sull'Africa.

Una base navale in Libia senza dubbio agevolerebbe i piani di Vladimir Putin. In primo luogo perché renderebbe definitivamente la Russia tra i principali attori nel Paese nordafricano dove ancora oggi le potenze dell'area provano a ritagliarsi propri spazi. In secondo luogo, perché ovviamente darebbe a Mosca un importante punto di appoggio direttamente sul territorio africano. C'è poi un altro motivo da non sottovalutare e riguarda il braccio di ferro a distanza con gli Usa e la Nato. Posizionare una base a pochi chilometri dalla Grecia e dall'Italia, avrebbe l'effetto di uno sgarbo nei confronti dell'Alleanza Atlantica.

La risposta di Washington

Gli Usa sono ben a conoscenza delle mosse della Russia in Libia. Non solo da adesso, ma già da diversi mesi. Non è un caso infatti se Washington è tornata a occuparsi del dossier libico dopo anni di quasi totale assenza. Nei mesi scorsi la Casa Bianca ha inviato il capo della Cia, William Burns, sia a Tripoli che a Bengasi. Qui ha incontrato sia il premier del governo stanziato a Tripoli, Abdul Hamid Ddeibah, che il generale Haftar. Nei prossimi giorni altri emissari raggiungeranno la Libia, mettendo in agenda incontri sia nella parte est che in quella ovest del Paese.

L'idea degli Stati Uniti è chiara: solo riunificando la Libia si potrà evitare il definitivo scivolamento di Haftar nelle mani della Russia. Il lavoro della diplomazia Usa è quindi volto a facilitare il dialogo tra le parti e a creare le condizioni per un governo di unità nazionale.

Da parte sua Washington potrebbe sfruttare, per convincere Haftar a non cedere alle lusinghe di Mosca, il fatto che il generale ha in tasca anche la cittadinanza statunitense.

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