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"Non abbandonate la nave". L'ordine scellerato che fece oltre 300 vittime

16 aprile 2014. Dal porto della città coreana di Incheon salpa un traghetto con a bordo 476 persone. Ma la nave non arriverà mai a destinazione, sull'isola di Cheju: naufragherà al largo dell'isola di Pyeongpung, portando con sé negli abissi 304 passeggeri, la maggior parte dei quali sono ragazzi in gita scolastica

"Non abbandonate la nave". L'ordine scellerato che fece oltre 300 vittime

Era il 16 aprile 2014, quando il traghetto Sewol con 476 passeggeri a bordo, naufragò nelle acque dell’isola di Pyeongpung, in Corea del Sud. Il numero di vittime del naufragio fu impressionante: su 476 persone, persero la vita in 304, e 4 restarono dispersi. Dei passeggeri, 325 risultarono essere studenti della Scuola superiore "Danwon" della città coreana di Ansan.

Il naufragio del Sewol

Alle 8:49 del 16 aprile 2014, un traghetto della società giapponese Hayashikane Shipbuilding & Engineering Co. Ltd, salpò dal porto di Incheon verso l'Isola di Cheju. A bordo della nave c'erano 476 passeggeri, dei quali 325 erano studenti di una scuola superiore in gita scolastica. Al comando c'era la terza ufficiale di coperta, una ragazza di 26 anni con solo un anno di esperienza, mentre al timone il marinaio Cho Joon-ki, come da disposizioni del comandante, Lee Jun-seok, che decise di tornare in cabina, affidando i comandi alla giovane inesperta terza ufficiale. In prossimità dell’isola di Pyeongpung, tratto di mare solitamente in balia di forti correnti marine, la nave effettuò un’accostata di 140 gradi, per un motivo non chiaro, forse per l’inesperienza di chi si trovava ai comandi. L'avventata manovra causò lo spostamento del carico presente sulla nave, molto probabilmente eccessivo, facendola capovolgere e successivamente naufragare.

Alle 8:52, uno studente di nome Choi Deok-ha, avvertendo uno sbandamento del traghetto, chiamò il numero d’emergenza 119, che lo mise in contatto con i vigili del fuoco della provincia del Jeolla Meridionale e in seguito con la guardia costiera della città di Mokpo, che alle 8:54 inviò sul luogo una motovedetta. Alle 9:25 il comandante non aveva ancora dato l'ordine di lasciare il traghetto, condotta inappropriata, data la situazione compromessa e pericolosa per i passeggeri. Sul posto erano ormai arrivati i soccorsi, ma fu solo alle 9:38 che 160 passeggeri si buttarono in mare, per cercare di salvarsi. Alle 11:18 il Sewol si inabissò per metà, alle 13 era completamente sommerso.

Cosa accadde all'interno del Sewol prima del naufragio

Molti dei passeggeri a bordo del Sewol erano ragazzi giovani, alcuni dei quali, prima di rimanere vittime del naufragio, girarono dei video con i loro smartphone. Nei 17 minuti del filmato girato dal 17enne Park Su-hyeon, dapprima gli studenti ridevano della situazione, non comprendendone ancora la gravità. Successivamente i toni del video cambiarono e si poterono udire chiaramente gli ordini impartiti dall’equipaggio di non abbandonare assolutamente la nave e di restare nelle proprie cabine, nonostante il traghetto stesse imbarcando acqua. Il padre della giovane vittima decise in seguito di divulgare il video, affinché le autorità comprendessero la rilevanza di ciò che accadde a bordo del Sewol, dal cui naufragio si sarebbero potuti salvare molti passeggeri. Prima dell'inabissamento del Sewol, le emittenti televisive coreane ripresero il comandante, Lee Jun-seok, che in mutande, si apprestava a salire in fretta e furia su una scialuppa, mentre a centinaia di passeggeri era stato ordinato di restare a bordo e di non andare nel panico.

La cultura coreana dell’ "obbedienza"

Dopo la tremenda sciagura, tutto il mondo invitò a riflettere sulla cultura coreana dell’obbedienza cieca ad un ordine impartito, soprattutto se a farlo è un adulto, come nel caso dei giovani che persero la vita a bordo del Sewol. Ad aprile 2014 un giornalista della Cnn pubblicò a questo proposito un articolo intitolato: “Culture can’t explain it all”. A riprenderlo e a soffermarsi sulla cultura coreana dell’obbedienza, fu il sito koreatimes.co.kr, che si interrogò riguardo alla possibilità che, se i ragazzi e il resto dei passeggeri, non si fossero fidati ciecamente degli ordini del capitano, si sarebbero potuti salvare. Questo portò i genitori delle giovani vittime e la Corea come Paese, a riflettere su questo aspetto controverso della loro cultura, e sulle divergenze di autorità tra giovani e anziani.

Il processo e i responsabili della tragedia

Il primo ad essere arrestato, il 7 maggio, fu il presidente della compagnia navale, Kim Han-sik, con le accuse di omicidio colposo e di violazione delle norme del diritto marittimo. Gli inquirenti stabilirono che la nave, al momento del naufragio, trasportava 3 volte il carico consentito. Subito dopo furono rintracciati e arrestati il comandante della nave, Lee jun-seok e tre membri dell'equipaggio, i quali abbandonarono la nave e i suoi passeggeri al loro destino. Su di loro pesò l'accusa di abbandono della nave, senza nemmeno tentare di trarre in salvo i passeggeri in trappola. Venne arrestata anche Yoo Somena, figlia di Yoo Byung-eun, proprietario della Chonghaejin Marine Co. , operatore del traghetto.

Il padre e il fratello della Somena risultavano irreperibili e irrintracciabili, motivo per il quale scattò un mandato d'arresto per entrambi. Dopo pochi giorni, il corpo del padre fu ritrovato a sud di Seul, morto in circostanze misteriose, mentre il figlio venne rintracciato e arrestato. Il processo iniziò a giugno 2014, e, notizia che fece il giro del mondo, nessun avvocato in aula volle rappresentare i 15 imputati, i quali furono difesi da 6 giovani legali d'ufficio.

Avvenimenti paralleli al naufragio

A seguito delle polemiche scaturite dalla gestione dell'emergenza del Sewol, il primo ministrto coreano, Kang Min-kyu, diede le dimissioni, dopo essere stato preso a schiaffi, quando di presentò nel luogo di ritrovo dei parenti delle vittime. Un'ulteriore tragedia si verificò con il suicidio del vice preside della scuola, Kang Min-kyu, il quale si trovava con gli studenti sul traghetto.

L'uomo si tolse la vita lasciando un biglietto, nel quale espresse tutto il suo senso di colpa per essersi salvato, al posto dei suoi studenti.

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