Cronaca locale

Portano in processione un fantoccio a forma di vulva: femministe rischiano la denuncia

Le attiviste del movimento femminista "Non una di meno" hanno sfilato per le vie di Padova portando in processione la "sacra vulva", in segno di protesta. E la Digos sta visionando i filmati delle telecamere: le femministe rischiano una denuncia per violazione della tutela del sentimento religioso

Due attiviste accanto al fantoccio a forma di vulva che ha innescato la polemica
Due attiviste accanto al fantoccio a forma di vulva che ha innescato la polemica

Hanno organizzato un corteo per le strade di Padova, portando in processione (come se si trattase della statua di un santo) un fantoccio di cartapesta raffigurante l'apparato riproduttivo femminile, da loro ribattezzato "sacra vulva". Protagoniste dell'episodio controverso svoltosi pochi giorni fa nella città veneta sono le attiviste del movimento femminista "Non una di meno", che adesso rischiano una denuncia per l'accusa di violazione della tutela del sentimento religioso.

Secondo la stampa locale l'azione è stata messa in piedi prima della manifestazione a tutela delle famiglie omogenitoriali andata in scena sul territorio patavino. Le femministe hanno improvvisato una sfilata sui generis, passando per le vie cittadine incappucciate e recitando "la preghiera della vulva", come loro stessa l'hanno chiamata. Un'iniziativa che nelle intenzioni del collettivo si poneva l'obiettivo di porre l'accento sul numero di medici obiettori di coscienza in Veneto, per una percentuale che secondo le femministe stesse si aggirerebbe sul 78% del totale. Ma che non è stata apprezzata da tutti per le modalità piuttosto provocatorie scelte dalle "femen".

"Una vulva si è aggirata per Padova. La vulva della nostra autodeterminazione. Abbiamo deciso di portare in processione ciò che per noi è da venerare: il piacere, il desiderio e la libera scelta sui nostri corpi - la posizione di Non una di meno, espressa in un post a tratti surreale pubblicato su Facebook - la genitorialità è una libera scelta e non può essere frutto di un ricatto esercitato dalla violenza patriarcale. Per secoli ci siamo sentite obbligate a provare vergogna, ad assumere ruoli di genere e un genere solo a partire dalla nostra vulva. In piazza abbiamo “risignificato” la vulva, esercitando la nostra irriverenza per liberarci con una grossa risata piena di rabbia di tutte le oppressioni che ci legano". Una rimostranza che non tutta la cittadinanza ha gradito per il modo in cui si è svolta.

I più credenti non hanno infatti potuto fare a meno di leggere l'azione alla stregua di una provocazione dissacrante e a tratti blasfema. La questione potrebbe pertanto approdare in tribunale: in queste ore, gli agenti della Digos sono infatti impegnati a visionare tutto il materiale audio e video ripreso durante la manifestazione. Gli elementi che emergeranno saranno quindi rimessi alle valutazioni della procura di Padova. Non c'è ancora una vera e propria indagine: si tratta di una prassi, visto che di norma le forze dell'ordine visionano a seguito delle manifestazioni i filmati delle telecamere per assicurarsi che i manifestanti non abbiano commesso reati.

Nel caso specifico, qualora venissero riscontrate ad esempio le violazioni degli articoli 403 o 404 del Codice Penale, le femministe verrebbero potenzialmente sanzionate con una multa che spazia dai mille ai 5mila euro.

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