Scena del crimine

La scomparsa, i dubbi e la morte: la storia di Elena Ceste

Elena Ceste scomparve il 24 gennaio del 2014. Qualche settimana dopo il suo corpo senza vita venne ritrovato: per la morte della donna il marito venne condannato a 30 anni di carcere

"Ti aspettiamo", ma Elena Ceste era già morta
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Era il 24 gennaio del 2014, una giornata come tante per la maggior parte degli abitanti di Costigliole d’Asti. Ma proprio quel giorno una terribile scoperta sconvolse la comunità: Elena Ceste, 37 anni e quattro figli, era scomparsa. Il suo corpo, senza vita, venne ritrovato giorni dopo, e il marito Michele Buoninconti fu accusato di omicidio e condannato a trent'anni di carcere. Le accuse: omicidio volontario e occultamento di cadavere.

Per la difesa le cose sarebbero andate diversamente: "Emerse subito un quadro riferibile a un allontanamento volontario della Ceste in preda a una crisi psicotica", ha dichiarato in un'intervista a ilGiornale.it la criminologa Ursula Franco. Ma la Cassazione ha confermato la sentenza di condanna per l'uomo.

La scomparsa

La mattina del 24 gennaio 2014 Elena Ceste era rimasta a casa mentre il marito Michele era uscito con i figli, per accompagnarli a scuola. Erano le otto. Poco tempo dopo, la donna era stata vista dai vicini nel giardinetto davanti alla propria abitazione. Il cancello era chiuso e lei aveva dato l'impressione di essere uscita di casa solo un momento, dato l'abbigliamento leggero che indossava: una maglietta a maniche corte. Nulla faceva presagire quello che sarebbe successo.

Dopo aver accompagnato i bambini a scuola, Michele si era recato in paese per alcune commissioni: secondo il suo racconto, prima sarebbe andato a chiedere informazioni sull'Imu, poi allo studio medico per documentarsi circa gli orari del dottore. L'uomo era stato ripreso dalla telecamera di sorveglianza della farmacia, poco prima delle 8.40. Secondo una tabella oraria redatta dai Carabinieri, sarebbe poi rientrato in casa alle 8.45.

Buoninconti disse di aver trovato, una volta tornato a casa, l'abitazione vuota e di aver visto sparsi a terra, nella porzione di giardino che va dalla porta al cancelletto, i vestiti della donna, il suo cellulare, i documenti e gli occhiali da vista. Ma di Elena nessuna traccia. Dopo aver contattato i vicini per chiedere aiuto, Michele sostenne di aver cercato la moglie nei dintorni della loro abitazione, per poi chiamare i parenti della donna e recarsi dai carabinieri, per denunciare la scomparsa di Elena Ceste.

Inizialmente una delle piste battute riguardò l'allontanamento volontario. Il marito dichiarò che proprio la sera prima di sparire Elena aveva manifestato i segni di un disagio psicologico, riferendo di aver ricevuto alcuni messaggi che la preoccupavano e di sentirsi sotto pressione. Secondo quanto riportò ai tempi Chi l'ha visto?, già nell'ottobre precedente la scomparsa, Elena avrebbe detto a una vicina di essere stata "tradita" da "una persona che credevo amica". Queste prime informazioni fecero pensare che la donna si fosse allontanata in preda a un delirio psicologico.

Successivamente anche lo psichiatra Elvezio Pirfo segnalò che la Ceste aveva avuto una crisi psicotica nei mesi precedenti la scomparsa, poi superata. Secondo la criminologa Ursula Franco, invece, "la Ceste manifestò un profondo disagio emotivo e pensieri ossessivi specifici con neppur troppo sfumate idee di riferimento".

Il ritrovamento del corpo

Ritrovamento Elena Ceste

Per nove mesi la scomparsa di Elena Ceste rimase avvolta nell'ombra e la donna sembrò svanita nel nulla: nessuna traccia, nessun segno della sua presenza in qualche luogo lontano da Costigliole d'Asti, nessuna telefonata per rassicurare i propri famigliari. Nel frattempo si faceva strada anche l'ipotesi di istigazione al suicidio, formulata dalla procura di Asti. Ma la speranza che Elena Ceste fosse ancora in vita da qualche parte era ancora accesa nei familiari della donna, che rivolsero direttamente a lei un appello durante la trasmissione Chi l'ha visto?: "Elena, io e mamma ti aspettiamo. Dacci un segno che sei viva, questo è l’importante. Tutte le cose di sistemano".

Le speranze però si spensero il 18 ottobre dello stesso anno. Quel giorno, un cadavere in avanzato stato di decomposizione venne rinvenuto in un canale di scolo nei pressi del Rio Mersa, a pochi passi dall'abitazione della donna scomparsa. "Al termine di specifiche analisi condotte da un Istituto specializzato di Torino delegato al riguardo dall'Autorità giudiziaria inquirente - rese noto al tempo il comando provinciale dei carabinieri di Asti - è stato riscontrato che il Dna della signora Elena Ceste, scomparsa il 24 gennaio 2014 dalla propria abitazione di Costigliole d'Asti, è compatibile con quello del cadavere ritrovato il 18 ottobre scorso".

L'autopsia indagò le cause della morte della donna, riconducendole a un'asfissia. I medici però non stabilirono a cosa fosse dovuta l'asfissia, senza quindi specificare se Elena fosse morta per soffocamento o strangolamento. Vennero però escluse le ipotesi di avvelenamento e annegamento, oltre che le morti per colpo di arma da fuoco e da taglio. Il referto autoptico stabilì che "lo stadio evolutivo del processo trasformativo cadaverico è coerente con l’epoca della scomparsa della donna" e che il corpo rimase sempre "nel luogo ove furono rinvenuti i resti".

Il marito sotto accusa

Il processo a Michele Buoninconti

All'indomani del ritrovamento del corpo, il marito di Elena Ceste Michele Buoninconti venne iscritto nel registro degli indagati. L'ipotesi di reato era quella di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Già nei mesi della scomparsa i Ris avevano operato perquisizioni e accertamenti nel garage della casa della famiglia Ceste, e sulle auto di cui disponeva il marito.

Le indagini portarono nel gennaio del 2015 all'arresto di Buoninconti. Che venne giudicato colpevole in primo grado dal gup di Asti e dalla Corte d'Assise di Appello di Torino: gli fu inflitta una pena di 30 anni di carcere. Dopo la richiesta di ricorso, il caso arrivò in Cassazione e, nel maggio 2018, la Corte confermò la condanna a 30 anni di reclusione per Michele Buoninconti. I giudici stabilirono che "la colpevolezza di Buoninconti è l’unica possibile lettura da dare allo svolgimento dei fatti". Secondo la ricostruzione fatta al tempo dalla Cassazione e fornita nelle motivazioni che accompagnarono la sentenza, "l’imputato commise il delitto e poi occultò il cadavere, compatibilmente con il falso alibi già predisposto", seguendo "una serie di azioni ben studiate, così da poter essere eseguite in continuità secondo una cadenza sul filo dei minuti"

L'uomo si è sempre dichiarato innocente e, secondo la difesa, le cose non sarebbero andate come stabilito dalle sentenze. "Elena Ceste è morta per assideramento - ha detto a ilGiornale.it la criminologa Franco - Le risultanze autoptiche e investigative pesano tutte sul piatto della bilancia dell’allontanamento volontario della Ceste, in preda a una crisi psicotica caratterizzata da allucinazioni uditive e da un delirio persecutorio. La mattina del 24 gennaio la Ceste si denudò e, mossa dal timore di essere portata via da casa, timore che costituiva l’essenza del suo delirio, prese un’iniziativa: scappò e si nascose ai suoi fantomatici persecutori in un tunnel di cemento del Rio Mersa, inconsapevole del fatto, a causa della sua condizione psichica che aveva viziato la sua capacità critica, che il freddo avrebbe potuto ucciderla".

Tre gradi di giudizio però hanno stabilito che Elena Ceste venne uccisa dal marito Michele Buoninconti, che nascose poi il corpo in un canale di scolo vicino casa, dove rimase fino al suo ritrovamento.

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