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Gli affitti e la parodia della lotta di classe

Visto che non siamo nella vecchia DDR la filosofia dovrebbe essere più concreta partendo dal presupposto che almeno in questo angolo del mondo la parodia della lotta di classe ha fatto il suo tempo.

Gli affitti e la parodia della lotta di classe

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Che la questione degli affitti troppo alti per gli studenti, e non solo, in città come Milano, Roma e via dicendo, esista non lo nega nessuno. Come nessuna persona onesta intellettualmente può affermare che sia nata ora. Semmai l'ha resa più drammatica un'inflazione galoppante e un carovita alle stelle. È un'analisi talmente condivisa che l'altro ieri Matteo Salvini ha mobilitato il suo ministero sull'argomento e ieri il governo ha subito assunto i primi provvedimenti. Il problema semmai sono i modi con cui bisogna approcciarsi al problema e le politiche da adottare. E qui, come non mai, passa la linea di confine che divide il pragmatismo dall'ideologia. È una questione culturale prima che politica e riguarda quel richiamo della foresta che porta spesso la sinistra, specie quella massimalista, a reiterare gli errori di un tempo. A lanciare stramberie da socialismo reale come la requisizione degli alloggi o l'uso della leva fiscale per indurre i proprietari di case ad affittare anche se sono restii.

Visto che non siamo nella vecchia DDR, nè nel Venezuela di Chavez o di Maduro la filosofia dovrebbe essere più concreta partendo dal presupposto che almeno in questo angolo del mondo la parodia della lotta di classe ha fatto il suo tempo. Anche perché se si parte con il piede giusto si trova un punto d'incontro. Il Pd, ad esempio, ha lamentato nei giorni scorsi la cancellazione del Fondo per gli affitti di 330 milioni. Ebbene, ieri il governo lo ha raddoppiato mettendo a disposizione dell'housing universitario 660 milioni. Non ci siamo, invece, quando il partito della Schlein parla di disincentivi fiscali per case vuote: qui torna in auge l'impostazione ideologica, perché un proprietario di casa può disporre come vuole dei propri immobili. E sicuramente non risolvi i guai mettendo la camicia di forza al mercato, semmai usando la vecchia legge della domanda e dell'offerta di stampo liberale: l'unico modo per abbassare i prezzi, infatti, è aumentare l'offerta non con metodi coercitivi, ma mettendo a disposizione quell'enorme patrimonio immobiliare dello Stato che non è utilizzato o, ancora, costruendo alloggi.

Il piano casa di Fanfani fu uno dei vettori del boom economico nel dopoguerra. Visto che non si sa come spendere i soldi del Pnrr se i governi Conte e Draghi, che hanno stabilito le linee d'intervento dei progetti, fossero stati più avveduti, avrebbero potuto indirizzare parte delle risorse agli alloggi degli studenti, invece, che agli stadi. E l'Europa non avrebbe avuto nulla da obiettare. Ma a parte ciò, è insopportabile la speculazione politica sulla pelle della gente, in questo caso, degli studenti. Nè tantomeno convince una nouvelle vague radicale a sinistra quando prospetta politiche che sono solo la riedizione di totem datati: un simile atteggiamento rischia solo di fornire la prova che da quelle parti spira un vento vecchio non certo nuovo. Come pure, sull'altro versante, è fin troppo scontato l'atteggiamento di una maggioranza che polemizza usando il vecchio ritornello: «perchè la sinistra non lo ha fatto quando era al governo?». È uno stile da opposizione. Chi è nella stanza dei bottoni risponde con i fatti.

Magari, come ha fatto ieri, raddoppiando i fondi.

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