Cronache

Caso Telegram-Dubai, il Covid diventa una questione di privacy. Che finisce in tribunale

L’estrema attenzione posta dai governi emiratini alle normative in tema di tutela della riservatezza dei dati personali ricade però positivamente sulla costituzione societaria in loco

Caso Telegram-Dubai, il Covid diventa una questione di privacy. Che finisce in tribunale

Dopo i recenti fatti di cronaca che riguardano Telegram con sede a Dubai e i movimenti No vax e no Green Pass, con la procura di Torino che chiede la chiusura di una chat che diffonde informazioni false e minaccia politici e giornalisti, ecco che gli Emirati Arabi Uniti mettono a punto la loro severissima normativa a tutela della privacy che renderà difficoltosa anche una possibile rogatoria internazionale da parte dei magistrati.

L’attenzione che gli Uae prestano alla riservatezza dei dati sensibili è decisamente aumentata in questi tempi: pensare che essere in regola con il Gdpr (regolamento 2016/679 Garante Privacy) significhi automaticamente rispettare anche la normativa nazionale emiratina è un vero errore. Ogni Paese del Golfo Persico prevede una propria legislazione in termini di trattamento dei dati e nelle note zone franche convivono, addirittura, più normative contemporaneamente. E il pm Valentina Sellaroli, sostituto procuratore in forza alla squadra di magistrati di Torino, finisce nel mirino dei No vax. Nei giorni scorsi la dottoressa Sellaroli aveva emesso un decreto di sequestro preventivo della chat Telegram “Basta dittatura”, diventata da settimane uno dei principali strumenti di comunicazione dei gruppi No vax e no Green Pass. Il pm aveva inviato il provvedimento a una mail di “collaborazione volontaria” di Telegram chiedendo l’oscuramento della chat, senza ricevere nemmeno una risposta dal team legale del canale di messaggistica istantanea. Questo perché la normativa privacy disciplinata dall’articolo 379 del codice penale degli Uae prevede che i dati personali possano essere trasferiti a terze parti dentro e fuori gli Emirati Arabi Uniti solo se l’interessato del trattamento vi ha acconsentito per iscritto e in tutti gli altri casi previsti dalla legge. La violazione di tale norma costituisce reato punibile con la pena della reclusione di minimo un anno, o con la multa di almeno 20mila dirham, o entrambe le cose. Come già detto, poi, esistono diverse leggi federali degli Uae che contengono varie disposizioni in materia di protezione dei dati personali, tra le quali la Cyber Crime Law (legge federale 5/2012 in materia di controllo della criminalità informatica) e la regolamentazione delle telecomunicazioni (legge federale con decreto 3/2003 e successive modifiche).

Adesso, un messaggio visibile in queste ore in una chat di negazionisti riporta nome e cognome del pubblico ministero titolare delle indagini, il suo indirizzo mail e il numero di telefono della sua segreteria, oltre all'indicazione dell'ufficio. Nella chat, oggetto di sequestro della procura che indaga contro ignoti per istigazione a delinquere e violazione della privacy, erano stati riportati anche informazioni riservate sul presidente della regione Alberto Cirio e sui vertici dell’istituzione universitaria torinese. Ora l’invito ad “inondare per bene” la procura di Torino, rea di avere chiesto il sequestro del loro canale Telegram. Un sequestro che sarà pressappoco impossibile da realizzare in quanto Telegram ha sede a Dubai e, come ricordato sopra, gli Uae hanno leggi severissime in materia di trattamento dati privacy. Ecco perché i No vax potrebbero aver scelto Telegram non altri social per aprire il loro canale e farne un uso distorto. Consapevoli che così sarebbero rimasti impuniti ed avrebbero potuto agire indisturbati.

L’estrema attenzione posta dai governi emiratini alle normative in tema di tutela della riservatezza dei dati personali ricade negativamente in casi di questo genere ma positivamente in caso di costituzioni societarie in loco e, quindi, di internazionalizzazione di un’impresa: il Gdpr, infatti, rappresenta un riferimento per tutti gli Stati del mondo, ma ogni Paese detiene una propria sovranità che si esercita anche in materia di privacy, pertanto, è necessario il rispetto anche delle normative locali quando ci si sposta per avviare o trasferire il proprio business.

È proprio la massima tutela circa la riservatezza dei dati personali che rassicura gli investitori e li sprona a collocare risorse a Dubai - afferma Daniele Pescara, ceo di Falcon Advice con sede a Padova e Dubai - gli imprenditori italiani più avveduti, soffocati nel loro Paese da una tassazione pressante e sempre crescente e da una produzione normativa incontrollata, decidono ormai da tempo di costituire o trasferire la propria società nei Paesi del Golfo Persico: luoghi dalle leggi certe, chiare e precise che favoriscono l’economia e gli investimenti. Di fatto, poi, negli Uae non esiste alcuna tassazione: è sufficiente rinnovare annualmente la licenza per poter continuare la propria attività in totale sicurezza e serenità”.

La Falcon Advice si occupa da più di un decennio di costituzione e trasferimento di società a Dubai, luogo sempre più attrattivo per gli investimenti, che riesce abilmente a gestire anche grazie alla speciale collaborazione con i principali istituti di credito del Paese. “Anche in ambito bancario, infatti, la tutela è massima: tutta l’attività bancaria è sicura poiché è garantita totale riservatezza per i titolari di conti correnti presso gli istituti e in quanto gli Uae non hanno stretto alcun accordo per lo scambio di informazioni bancarie con altri Paesi, nemmeno dell’Unione europea. Per questo è molto difficile che Telegram, con sede qua a Dubai, sia disposta a collaborare con i magistrati italiani sul caso del gruppo no vax. E la giustizia del nostro Paese non potrà farci un bel niente. Non esistono accordi di questo genere tra gli Emirati e l’Italia.

Per cui se Telegram non vorrà chiudere l’account Basta dittatura state certi che non lo farà”, conclude l'imprenditore veneto.

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