Cronache

Il centro per migranti? Lo gestiva la 'ndrangheta

​Dalle carte dell'operazione 'Rinascita Scott' emergono nuovi episodi legati al business dell'immigrazione. Il clan Mancuso avrebbe gestito un centro per extracomunitari in provincia di Vibo. Le parole dei pentiti

Il centro per migranti? Lo gestiva la 'ndrangheta

Una struttura ricettiva per migranti completamente in mano alla 'ndrangheta. Emerge anche questa circostanza dalle carte dell'inchiesta 'Rinascita Scott', che ha portato all'arresto di più di 330 persone in tutta Italia. Gli inquirenti della Dda di Catanzaro, coordinati dal procuratore Nicola Gratteri, con un'indagine monstre sono riusciti a fare luce sui lucrosi affari dei clan calabresi nel mercato dell'immigrazione clandestina.
Le cosche, in particolare, sarebbero riuscite a mettere le mani sul business delle sepolture, turbandone le gare d'appalto e tumulando le salme dei morti in mare in loculi non corrispondenti, peraltro in violazione delle norme in materia.
“Il fenomeno dell'immigrazione clandestina – scrivono i magistrati – non ha lasciato indifferente la 'ndrangheta, che ha fondato un vero e proprio business sui naufraghi morti”.

Anche i migranti vivi, però, rappresentavano una bella fonte di guadagno per le cosche. Una struttura ricettiva per extracomunitari in provincia di Vibo Valentia, in particolare, sarebbe stata gestita dal potente clan Mancuso. Si tratta del centro 'Summer Time' di Joppolo, che sarebbe stato diretto da Vincenzo Spasari, anche lui finito in carcere per associazione mafiosa in quanto considerato uno degli uomini di fiducia del boss Luigi Mancuso.

Spasari, oltre ad avere il ruolo di “partecipe, latore d'imbasciate e messaggi provenienti e rivolti” da e a Mancuso, collaborava “nella soluzione di questioni relative a vicende economico/commerciali interessanti imprenditori vicini alla consorteria”. Il 58enne si sarebbe anche avvalso del figlio per aiutare il boss a “eludere le investigazioni a suo carico”.

A parlare degli affari del clan è uno dei principali pentiti del Vibonese, Emanuele Mancuso, secondo cui Vincenzo e Saverio Spasari “sono a completa disposizione della cosca”. Sono loro che, su incarico del boss Luigi Mancuso, “gestiscono la cooperativa di extracomunitari a Ioppolo (Joppolo, ndr), dove lavoravano tanti parenti di soggetti che fanno parte della suddetta cosca”.

Il collaboratore di giustizia, in un verbale del 13 luglio 2018, dice di conoscere bene la struttura, che aveva sede nella stessa via attraverso cui si arrivava nella casa dove viveva. Emanuele Mancuso spiega che, in un certo periodo, “in questa struttura sono arrivati circa 100/150 cittadini extracomunitari, in gran parte minorenni. In quel momento formalmente la struttura ricettiva faceva capo a una donna, però la gestiva il padre di Saverio Spasari, di nome Vincenzo, insieme a un certo Bruno”.

E Spasari, dice il pentito agli inquirenti, è “a disposizione della famiglia Mancuso e posso dirvi questo sia perché frequentavo suo figlio, sia perché ho avuto a che fare direttamente con lui, sia perché io stesso sono intraneo alla famiglia Mancuso, in quanto figlio di Pantaleone Mancuso”. Nella struttura, spiega ancora il collaboratore, “lavoravano solo persone appartenenti o vicine alle famiglie Spasari, Di Giacco, Mancuso”.

“Posso riferire – afferma ancora il pentito – che gli Spasari giravano i soldi come volevano: a tanti dipendenti giravano 300 euro, ad altri giravano 600 euro”. Quanto al modo in cui venivano impiegati i fondi della struttura per migranti, Mancuso riesce soltanto a dire “che i dipendenti non vennero pagati... solo per via dei contatti con Spasari i soggetti a lui vicini ottennero il pagamento: diversamente Spasari avrebbe dovuto pagare di tasca sua, anche perché non poteva fare brutta figura con le persone legate alla mia famiglia. Insomma furono pagati solo coloro che 'dovevano' essere pagati”.

I soldi venivano perciò “gestiti da Spasari, così come le decisioni e le assunzioni che avvenivano nella struttura erano riferibili a Spasari e al nipote o cugino, che lavorava alla yogurteria di Vibo Valentia”.

In merito alla gestione del centro 'Summer Time', il collaboratore precisa che “Spasari per ogni cosa era alle dipendenze e comunque a disposizione di mio zio Luigi e ritengo che, anche in relazione a questa struttura, Spasari non potesse agire autonomamente”.

Sul conto di quest'ultimo c'è pure la testimonianza di un altro pentito, Bartolomeo Arena, che definisce Spasari “persona storicamente legata ai Mancuso”.

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