Coronavirus

La proteina che rende "immuni": così può bloccare il coronavirus

Si chiama peptide, è la parte di una proteina e potrebbe bloccare l'ingresso del virus nelle cellule umane. La scoperta, in fase di pubblicazione, è dei ricercatori del Mit di Boston. L'unico handicap, la somministrazione per via endovenosa o cutanea

La proteina che rende "immuni": così può bloccare il coronavirus

Passi in avanti nella lotta al Covid-19: un peptide, in pratica la parte di cui è composta una proteina, riuscirebbe a bloccare la capacità del Coronavirus di entrare nelle cellule dell'organismo.

È questa la scoperta da parte dei ricercatori del Massachussetts Institute of Tecnology (Mit) di Boston, che stanno testando un frammento proteico che potrebbe inibire la capacità del Coronavirus di entrare nelle cellule polmonari umane. La ricerca è in fase di pre-pubblicazione ma lo studio è già disponibile sulla pagina ufficiale del Mit.

Subito i test

"Abbiamo un composto di piombo che vogliamo esplorare perché, in effetti, interagisce con una proteina virale nel modo in cui abbiamo previsto che interagisca, quindi ha una possibilità di inibire l'ingresso virale in una cellula ospite", afferma Brad Pentelute, professore associato di chimica del Mit, che guida il gruppo di ricerca. Alcuni campioni del peptide sono stati inviati ad altri collaboratori che intendono eseguire i test nelle cellule umane.

Come riportato anche da Repubblica, il Coronavirus ha molti picchi proteici che sporgono. Le ricerche hanno dimostrato che una sua zona specifica si lega ad un recettore che è un enzima noto anche come "Ace2". Questo recettore si trova sulla superficie di molte cellule umane, comprese quelle dei polmoni, ed è stato anche il punto debole che ha sfruttato il virus della Sars causando l'epidemia nel 2002.

Nuovi farmaci anti-Coronavirus

Tramite numerose simulazioni al computer è stata rilevata la posizione in cui i due elementi si collegano ed i ricercatori statunitensi hanno generato un peptide capace di collegarsi a lui. Secondo il Mit, questo lavoro potrebbe portare allo sviluppo di una serie di farmaci peptidici per la lotta a Covid-19.

"I peptidi sono molecole più grandi, quindi possono aggrapparsi al Coronavirus e inibire l'ingresso nelle cellule - continua il Dott. Pentelute - anche gli anticorpi hanno anche un'ampia superficie, quindi potrebbero rivelarsi utili. Questi, però, richiedono solo più tempo per essere prodotti e scoperti".

Lo svantaggio

Il lato negativo dei farmaci peptidici, come spiegano dal Mit, è che, di norma, non possono essere assunti per via orale ma dovrebbero essere somministrati per via endovenosa o iniettati sotto la pelle. Inoltre, sarebbe necessaria anche una loro modifica per farli rimanere nel flusso sanguigno il più a lungo possibile per essere veramente efficaci. È principalmente con questo obiettivo che stanno lavorando i ricercatori che non si sbilanciano sulle tempistiche.

"È difficile prevedere quanto tempo ci vorrà per poter testare qualcosa nei pazienti, ma il mio obiettivo è avere qualcosa nel giro di poche settimane - prosegue Pentelute - se risulterà essere più impegnativo, però, potrebbero essere necessari mesi".

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