Politica

La dittatura del politicamente corretto

Nelle scorse ore molti utilizzatori di Facebook (tra cui il sottoscritto) hanno ricevuto la richiesta di segnalare chi tra le proprie conoscenze "stia diventando un estremista".

La dittatura del politicamente corretto

Nelle scorse ore molti utilizzatori di Facebook (tra cui il sottoscritto) hanno ricevuto la richiesta di segnalare chi tra le proprie conoscenze «stia diventando un estremista». Nemmeno viene chiesto se si conosca qualche esagitato intollerante (che già sarebbe imbarazzante), ma addirittura se abbiamo tra i contatti chi a nostro giudizio starebbe radicalizzando la sua visione del mondo.

Personalmente, lo devo ammettere, frequento numerosi «estremisti». Ad esempio, molti miei amici vorrebbero moltiplicare i redditi di cittadinanza e chiudere la bocca a quanti, a loro parere, sono portatori di una visione distorta delle cose. Non per questo li segnalerò a Zuckerberg; anche perché Facebook non ci contatta per sapere se conosciamo fanatici sostenitori di un «welfare state» illimitato o ultra-ideologizzati partigiani del «politicamente corretto». All'insegna del conformismo più stantio, quelli che dovrebbero essere segnalati sono invece coloro che non sono perfettamente allineati con un progressismo standard che unisce post-marxismo, relativismo morale, genderismo, intolleranza verso il pluralismo.

Quella che sta emergendo, però, all'orizzonte è una minacciosa polizia del pensiero. E in questo senso è opportuno ricordare una formidabile frase di George Orwell: «Se libertà significa qualcosa, significa il diritto di dire alle persone ciò che non vogliono sentirsi dire». Dimenticarlo significa indirizzarsi verso una società totalitaria.

Per giunta, questa non è una faccenda solo americana. Pure da noi vige un doppiopesismo in virtù del quale grillini e dintorni possono dire qualsiasi corbelleria e usare pure linguaggi violenti, mentre chi è al di fuori di una certa area rischia costantemente la gogna; e questo in virtù del fatto che s'imposta una visione delle cose, basti pensare al disegno di legge Zan, secondo la quale le costrizioni provenienti dagli autoproclamatisi «buoni» sarebbero giuste e necessarie.

In una società nella quale teorie cospirative spesso infondate stanno moltiplicandosi, il miglior assist a favore di quanti diffondono idee strampalate sul mondo è proprio questo voler imporre le tesi che sono dominanti all'interno delle élite politiche e culturali, confinando ai margini della società quanti la pensano diversamente. Un tale «razzismo culturale» è quanto mai pericoloso e può aprire la strada a tensioni crescenti.

Prima ci si rende conto di questo e si cambia, meglio è.

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