Interni

Tra dolore e dolcezza in difesa della famiglia

Fino a ieri lo ha fatto valere il doppio. Solo ventiquattr'ore fa Andrea Giambruno godeva di un credito universale solo per il fatto di essere stato scelto da Giorgia Meloni come compagno di vita e padre di sua figlia

Tra dolore e dolcezza in difesa della famiglia

Fino a ieri lo ha fatto valere il doppio. Solo ventiquattr'ore fa Andrea Giambruno godeva di un credito universale solo per il fatto di essere stato scelto da Giorgia Meloni come compagno di vita e padre di sua figlia. Se solo fosse stato zitto, e fermo... Se solo si fosse limitato a ungere e stirare (...)

(...) energicamente quel ciuffo che tante invidie gli ha procurato e grazie al quale, forse, passerà per le maglie strette della storia. Invece non è stato né zitto né fermo e in un solo giorno la sua vita si è trasformata in una salita su muri lisci. Niente più compagna (premier, la prima e unica nel nostro Paese) niente più lavoro (si è autosospeso dalla conduzione di Diario del giorno su Retequattro). Giambruno avrebbe potuto semplicemente sbagliare, ma lui ha voluto strafare. E così, con un messaggio di Giorgia perfetto quanto definitivo, Giambruno ha smesso di essere il signor Meloni. Dalle potenziali visite alla Casa Bianca, dalle cerimonie al Quirinale, dai summit con i grandi della terra, si è autoconfinato nel tinello dell'irrilevanza.

Inammissibile per il presidente del Consiglio, supponiamo, mentre si dedica al dossier Israele e a tenere contestualmente in piedi l'Italia, doversi preoccupare di toreare le onde increspate da un compagno che si comporta come se il mondo fosse un chiringuito e lui un villeggiante con la pina colada in mano e il pareo annodato male. È evidente che Giorgia non possa permettersi certi capogiri di collera. A casa dovrebbe poter contare (si meriterebbe di poter contare) su qualcuno che la aiuti a restare chi è diventata, anziché gettarla sul ring come un gallo da combattimento. Destabilizzarla, umiliarla. «La mia relazione con Andrea Giambruno finisce qui» è stato l'inizio del post della premier. Coerente con il suo essere Giorgia, con il suo essere donna, con il suo essere madre e con il suo essere cattolica. Difendere la propria idea di famiglia è l'unico modo di difendere la famiglia. In qualunque modo essa sia «sigillata», assemblata, interrotta. Anche lasciare Giambruno (peraltro dedicandogli parole grate e morbidissime) è stato un modo di proteggere il nucleo dei suoi affetti. Oltre che il suo ruolo e la sua dignità istituzionale. Ha difeso la madre, la sorella, il cognato, in un certo senso perfino il padre sul quale peraltro non ha mai potuto contare. Figuriamoci se non si sarebbe lanciata a far quadrato attorno a se stessa e a sua figlia. Sarà forse per questo che, per una volta, Giorgia è piaciuta a tutti trasversalmente. È stata «bersagliata» dalla solidarietà di chiunque: da Giuseppe Conte a Carlo Calenda, passando per Matteo Salvini, Antonio Tajani, Rita Dalla Chiesa, per arrivare ad Elisabetta Canalis ed Enzo Miccio. È piaciuta alle signore che per appartenenza generazionale non si sarebbero mai sognate un gesto del genere ed è piaciuta alle giovanissime. Ha surriscaldato gli entusiasmi dei suoi fan e di chi non la voterebbe mai. Una volta tanto, una donna è riuscita ad avere persino la complicità delle altre donne.

Perché esistono dei codici insostituibili in ogni cultura, e il livello di dignità con cui si affronta la vita (e le disgrazie sentimentali in particolar modo) è uno di quelli fondamentali. È vero, forse questa chiusura netta e immediata è stato anche l'unico modo per provare a far sì che ora il sangue non scorra a fiumi: l'unico modo di tentare di ridurlo a un semplice sorso di vino rosso in un canaletto di scolo. Ma ci vogliono una forza e una determinazione che in pochi uomini e in poche donne si trovano. Giorgia ha, con Giambruno, una bambina di sette anni: non può non esserci dolore in una scelta come quella che ha fatto. È ovvio, la decisione non può avere solo ventiquattr'ore, come d'altra parte dice lei stessa «le nostre strade si sono divise da tempo, ed è arrivato il momento di prenderne atto», ma nel prenderla, ne sarà comunque uscita con l'anima pesta come uno spicchio d'aglio, come se gliel'avessero schiacciata in un mortaio. Eppure nella reazione e nei tempi di reazione, c'è tutta Giorgia Meloni. Altro che femministe, questa è una rivendicazione di totale autodeterminazione, di autonomia piena. Questo è prendersi la vita esattamente come la si vuole e rifiutare tutto il resto. Alla politica servono mille compromessi, a casa molti meno. Persino tra le signore dei diritti c'è chi, per tutta la vita, ha mascherato lo scarso tatto del proprio marito come se avesse cercato di tappare il sole con un dito. O chi tra le pasionarie, all'indirizzo di un uomo inadeguato, ha sputato fuori parole cattive come ostriche andate a male. Giorgia non è caduta né in un errore né nell'altro. Civile e implacabile: più che una femminista, una femmina. Come ce ne sono poche. Per questo quasi ci dispiace per quel Little Tony senza candore che si è fatto abbandonare per strada non capendo evidentemente che donna aveva accanto e che ruolo avrebbe dovuto tenere nella storia. Pettinato ma scomposto: si è comportato come un Giambiondo qualsiasi. Non ci si abbandona al peggio di se stessi quando si ha la responsabilità di essere compagno di tanta compagna. A pensarci bene, quel blu Estoril del fuorionda, quel colore tanto elogiato sul tailleur della collega, si è trasformato un un'involontaria profezia: fu proprio nel sito portoghese che finirono in esilio Juan Carlos e i Savoia..

.

Commenti