Politica

I grillini e l'esercito dei finti liberali

Il linguaggio politico consente ad un partito di definire la propria identità e distinguersi dagli altri, in modo che gli elettori sappiano quali visioni diverse si contrappongano e scegliere quella a ciascuno più vicina.

I grillini e l'esercito dei finti liberali

Il linguaggio politico consente ad un partito di definire la propria identità e distinguersi dagli altri, in modo che gli elettori sappiano quali visioni diverse si contrappongano e scegliere quella a ciascuno più vicina. Quando però un movimento, come quello dei 5 stelle, cambia repentinamente il proprio lessico e, nel giro di neppure due anni, da «populista» e «sovranista», quale si definitiva, ora si presenta come «liberale e moderato», probabilmente a) è in grave crisi di identità b) prende per il naso gli elettori c) il concetto di «liberale» ha ormai perso un suo contenuto comprensibile. È probabile che, nel caso di Di Maio, che «liberali» ha definito ora i suoi (in realtà, mica tanto) 5 stelle, sono vere tutte e tre le affermazioni. Che i 5 stelle abbiano sempre posseduto una natura ambigua è noto a tutti: rispetto ad altre forze del populismo europeo, sono stati capaci davvero di essere di destra e di sinistra assieme, e non a caso tra il 2013 e il 2019 hanno raccolto elettori da una parte e dall'altra. Con la fine dell'alleanza con la Lega hanno cercato di definirsi populisti di sinistra e di governo e ora con l'approdo a Draghi il vestito liberale ci sta a pennello. Chissà quale sarà la prossima formula, sempre che continuino ad esistere. Che abbiano sostanzialmente illuso i loro elettori è evidente poi dal tracollo progressivo nei voti, dall'aver mutato posizione praticamente su tutto a seconda della convenienza, e anche dalla scissione prodotta dall'ultimo giravolta che li ha portati al governo assieme al Cavaliere, da loro odiatissimo da sempre. Ma è vera pure la terza ipotesi: il termine «liberale» è ormai talmente inflazionato, e il più delle volte a sproposito, che non aiuta nessuno a comprendere realmente cosa un partito o un movimento sia. È diventata un po' come la parola «riformista», oggi caduta in disuso: dal 1989 in poi chi non si è definito almeno una volta nella vita «riformista»? E tuttavia (o forse proprio per quello) di riforme vere negli ultimi decenni se ne sono viste poche. Cosi come tutti si definisco liberali dal crollo del muro di Berlino (soprattutto gli ex comunisti) ma è difficile ammettere che il tasso di liberalismo sia davvero aumentato nel nostro paese. Qualsiasi cosa voglia dire questo concetto (ed è veramente difficile saperlo) possiamo tuttavia dire con certezza che i 5 stelle non lo sono: hanno cambiato idea su tutto, ma proprio su tutto, tranne che sul giustizialismo manettaro.

E, con tutto che il termine liberale ormai è passepartout, un giustizialismo che lo sia proprio non può esistere.

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