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I sordi

Che la tassazione degli extra-profitti delle banche non sia un provvedimento liberale, non fosse altro per amore di verità, va riconosciuto

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Che la tassazione degli extra-profitti delle banche non sia un provvedimento liberale, non fosse altro per amore di verità, va riconosciuto. In fondo il precedente di questi tempi lo trovi solo in Spagna che è un Paese governato da un premier socialista. Penalizzare sia pure indirettamente chi investe sui titoli bancari e, visto la presenza che hanno nel settore, pure le assicurazioni, non è certo un provvedimento che può piacere ai seguaci di Bruno Leoni. E non per nulla il mercato, mosso dai fondi di investimento, ha reagito alla sua maniera, bocciando la misura: ieri le azioni dei principali istituti bancari italiani sono precipitate. Motivi? È una scelta che colpisce gli azionisti, mette a rischio gli istituti di credito più deboli e probabilmente non fa impazzire di gioia Bankitalia. Non per nulla l'Abi già nel dicembre scorso aveva messo in guardia il ministro dell'Economia sulle conseguenze di una simile misura. E anche il partito più liberale del centrodestra, cioè Forza Italia, non ha nascosto un certo disappunto (sembra che quando è stata presa la decisione in Consiglio dei ministri Antonio Tajani non fosse presente) e propone già emendamenti di modifica. Ma a quanto pare il governo è rimasto sordo.

Ma come spesso avviene la verità sta nel mezzo. Anche le banche, infatti, sono rimaste sorde ai problemi che l'aumento dei tassi ha posto a chi deve pagare il mutuo e alle imprese che chiedono prestiti. Certo la maggiore responsabilità è della Bce che dopo la felice parentesi di Mario Draghi si è di nuovo richiusa nella sua torre d'avorio di Francoforte e ha continuato a perseverare nella sua politica di aumento dei tassi senza guardare in faccia la realtà. Ciò non toglie che gli istituti di credito, grazie all'aumento dei tassi, abbiano maturato extraguadagni, abbiano aumentato i tassi di interesse dei loro prestiti ma, nel contempo, e qui l'atteggiamento non è comprensibile, gli interessi che pagano ai correntisti siano rimasti gli stessi. Cioè quasi zero. Come se il denaro dato in prestito dalle banche fosse più prezioso di quello che i cittadini comuni tengono nei caveau. Per chi è in difficoltà per i mutui gli istituti bancari, invece, hanno fatto poco o niente: si è trattato di misure, diciamo, pallide, rispetto ad una situazione che si è fatta sempre più problematica e che purtroppo discende anche da tutto quello che ha provocato la guerra in Ucraina, cioè l'innalzarsi del costo delle materie prime che ha favorito il processo inflattivo. Era giusto aspettarsi una maggiore solidarietà.

Purtroppo, però, l'Italia è un Paese di sordi. Nessuno prende atto del problema o si muove di sua iniziativa. Mancano i taxi? Beh, la categoria se ne frega, tergiversa, fa ammuina dimenticando che alla base di quell'attività c'è un servizio pubblico che va espletato come si deve. Per cui alla fine il Governo è stato costretto ad intervenire. Con le banche il discorso non è stato tanto diverso. Ed è evidente che essere indotto ad usare la legge non può non pesare ad uno schieramento che ha al suo interno chi si proclama liberale.

La verità è che paghiamo un limite atavico, quasi strutturale del nostro Paese: da noi non si fa sistema. Un limite che trovi nell'economia, come nella politica o nella società. Ad esempio, le ragioni per aumentare i prezzi sono venute meno, ma da noi quando si aumentano non si torna mai indietro (la Spagna è di nuovo al tasso normale di inflazione annua del 2%). È una questione di mentalità.

Tutti coltivano i proprio interessi, nessuno si preoccupa dell'interesse generale.

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