Coronavirus

"Io non chiudo". Nella Prato deserta Andrea è il simbolo di un'Italia che non si arrende

Ristoranti, negozi di abbigliamento, bar, caffetterie. A Prato, alle 15 del pomeriggio hanno tutti le porte sbarrate. Tranne uno, il tabacchi di Andrea, che ha deciso di combattere la psicosi.

"Io non chiudo". Nella Prato deserta Andrea è il simbolo di un'Italia che non si arrende

Saracinesche abbassate, strade deserte, cartelli affissi alle porte delle aziende che avvertono la sospensione momentanea dell’attività. Prato si è trasformata in una città fantasma. Una delle Chinatown più grandi d’Europa in poche settimane si è svuotata. Dopo l’allarme del virus la comunità cinese che manda avanti, ormai, la gran parte dell’economia della città toscana sembra essere scomparsa.

Passeggiando per la via principale del Macrolotto 1, l’area in cui da anni si sono posizionate tutte le più grandi aziende di pronto moda della Toscana, un signore sulla sessantina ironizza, con una simpatica parlata toscana: “se cerca qualcuno…i cinesi qui sono tutti in quarantena volontaria. Sono loro ora ad avere paura di noi…”

Sembra quasi una realtà. Ristoranti, negozi di abbigliamento, bar, caffetterie. Alle 15 del pomeriggio hanno tutti le porte sbarrate. L’allarme del Coronavirus fa paura e adesso i cittadini non si fidano più di niente e di nessuno. I luoghi affollati non si frequentano e i pasti fuori da casa sono visti come un ulteriore rischio di contagio. É passato circa un mese da quando, noi de Il Giornale, eravamo andati a chiedere ai lavoratori della comunità del Dragone se avevano paura. (Guarda qui) Sembrava quasi una domanda offensiva per i maestri dell’industria tessile a basso costo. “Non abbiamo paura - gridò stizzita una ragazza dal centro del suo market - non vedi che siamo tranquilli? Altrimenti avremmo tutti la mascherina. Il virus è in Cina. Non qui. E i medici stanno già arrestando l’epidemia.”

Ora la situazione sembra essersi capovolta. Alla velocità della luce. Per le vie della piccola città alle porte di Firenze, il panico si percepisce chiaro come non mai e l’ansia si esprime nella totale assenza di pedoni. Proseguendo per lo stradone deserto, s’intravede sul ciglio della strada una piccola "casina" che riporta, sulla vetrata d’ingresso, il cartello “aperto”.

Entriamo nel “bar Andrea” e dopo qualche secondo un cliente intento a pagare un caffè alla cassa esordisce: “Andre sei un eroe! Non molli mai”. E in effetti sembra proprio così. Il ragazzo pratese è l’unico in tutto la zona che ha deciso di combattere contro la psicosi e cercare, con le giuste precauzioni, di portare avanti la sua attività come se niente fosse. “Non ci mettiamo la mascherina. Gli esperti hanno spiegato che ne hanno bisogno le persone che sono o pensano di essere contagiate dal virus. Non ascoltare i consigli e adottare misure esagerate servirebbe solamente a seminare ancora più il panico”. Ci racconta con il sorriso.

Eppure nonostante la sua grande forza d’animo, la crisi si è fatta sentire pure al bar tabacchi sulla strada. “Lavoravamo con almeno un 30% di cinesi. Adesso sono scomparsi. Abbiamo dimezzato gli incassi in una sola settimana.” Spiega il ragazzo chiedendo conferma alla madre mentre serve un caffè al banco. Ma nonostante tutto la famiglia ha deciso di non tirare giù il bandone. “Noi non si chiude. Noi non si chiuderà.” Ne è certo Andrea. Che ammette che il panico c’è, la situazione inizia sicuramente a preoccupare. Ma la paura non deve schiacciarci e lui ne è convinto: “l’Italia deve reagire.

Dobbiamo rimanere aperti.”

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