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La Milano di Sala disprezza i pendolari

Milano non ti vuole, perché non vieni da troppo lontano e sai di periferia o peggio ancora di provincia e vivi con uno stipendio che qui si consuma tutto a fine mese

La Milano di Sala disprezza i pendolari

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Milano non ti vuole, perché non vieni da troppo lontano e sai di periferia o peggio ancora di provincia e vivi con uno stipendio che qui si consuma tutto a fine mese. Milano non ti vuole perché alla fine sei mediocre, non abbastanza disperato da attirare l'attenzione e soprattutto non così ricco da non meritarti ottanta metri quadri dentro la cerchia dei Navigli. Milano non ti vuole perché arrivi da statali intasate o da autostrade con tariffe troppo care, a quattro o cinque corsie, e non si capisce perché le hanno messe a terra se sono indigeste alla metropoli e possono solo sfiorarla, come per farti desiderare qualcosa che è proibito a chi non può permettersela. Milano non ti vuole perché dicono che inquini. Milano non ti sopporta perfino quando fai il pendolare, dentro vagoni senza respiro, che sull'orario vanno a spanne, e dopo le venti sono lucciole intermittenti. Milano non ti vuole perché ogni giorno siete più di un milione e vi ostinate a fare avanti e indietro, solo perché siete riusciti a accendere un mutuo in qualche «non luogo» dove la piazza è un centro commerciale e andate avanti con una vita senza troppe feste e il lavoro è ancora un dovere, qualcosa di più morale di una semplice abitudine. Milano non ti vuole, e non vi vuole, perché non sopporta la classe media e si sogna come una aristocrazia di denari, di gusto e di bellezza, con l'accortezza di dichiararsi buona, multietnica, equa e solidale. È la maschera che questo tempo ipocrita impone a chi ha messo le mani sulla città e ora dall'alto dei palazzi si gode una vita arcobaleno.

Milano è un muro invisibile che tocca ogni angolo della metropoli. È una linea di frontiera battezzata con lettere maiuscole, la B e poi la C e altre ne verranno, che segnano il confine antropologico tra chi è cittadino e chi non lo è, tra chi è gens e chi non appartiene a nulla, tra chi profetizza la fine del mondo e nel frattempo si godi vizi e privilegi della vita. È la Milano che storpia l'attenzione per l'ecologia per chiudere i passaggi e ti sanziona se ti ostini a attraversarli. Milano che si vede a 30 all'ora, con i parcheggi che valgono oro e chi sosta farebbe bene a scapparsene via, con 8200 multe al giorno, il modo migliore per tenerti lontano. Milano che non vede l'ora di dare ascolto al Municipio 1, il centro del centro, dove ora propongono l'esilio per tutti i non residenti. Nessuno può entrare in auto se non è certificato, perché Milano deve diventare un lusso che solo pochi possono permettersi.

Milano con un sindaco al secondo mandato che non sa cosa fare del suo futuro e appare ogni giorno di più un visconte dimezzato. È lui che ha chiuso le porte, tradendo la vocazione di una vecchia città aperta, che nel suo primo statuto invocava chiunque, qualunque persona, avesse un mestiere e un talento. La città per tutti e per nessuno. La città di chi sognava un futuro. La città dove la formula del Campari arrivava dalla provincia.

Ora è la metropoli degli specchi di Beppe Sala, dove ognuno pensa solo a riflettere se stesso.

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