Cronache

Morto Raffaele Cutolo, il boss della Nuova camorra

Cutolo è morto, a 79 anni, nel reparto sanitario del carcere di Parma dove stava scontando la detenzione sotto regime del 41 bis

Morto Raffaele Cutolo, il boss della Nuova camorra

Chi volesse avere un'idea della vittoria dello Stato sul potere criminale di Raffaele Cutolo potrebbe andare a vedere il Palazzo Mediceo di Ottaviano, che fu confiscato al boss della Nuova Camorra organizzata e assegnato in comodato d'uso nel 2002 all'Ente Parco Nazionale del Vesuvio. Ora che Cutolo è morto, a 79 anni, nel reparto sanitario del carcere di Parma dove stava scontando la detenzione sotto regime del 41 bis, consegna alla storia definitivamente una parabola criminale già sconfitta. Cutolo era nato nel 1941 a Ottaviano, paese arrampicato sulle pendici orientali del massiccio che domina l'orizzonte napoletano, il Veuvio e il Monte Somma. A Uttajan, come si dice in dialetto, era figlio di un contadino che lavorava la terra in mezzadria e di una lavandaia. Una fame che spesso fa fare grandi imprese e spesso, purtroppo, terribili architetture criminali. Quella di Cutolo partì da un delitto privato il 24 settembre 1963, quando uccise il giovane ottavianese Mario Viscito. Entrò per la prima volta in quel carcere di Poggioreale di Napoli che sarebbe diventato il primo luogo di affiliazione per i camorristi della NCO. Che poi sarebbe forse più corretto parlare di mafia, dal momento che Cutolo pensò a una piramide gerarchicamente organizzata e verticistica, simile appunto alla criminalità organizzata dei corleonesi in Sicilia. Al vertice della piramide lui, "il professore", come lo chiamavano tutti, perché aveva imparato a leggere e a scrivere e si era fatto un'istruzione. Purtroppo il contesto fu favorevole all'espansione della criminalità organizzata. Tra la metà degli anni Settanta e gli anni Ottanta venne abbandonato progressivamente il business delle sigarette di contrabbando per investire in quello infinitamente più redditizio della droga. E poi il 23 novembre 1980 il terremoto che devastò l'Irpinia facendo piovere in Campania 50mila miliardi di vecchie lire, in parte andare a ingrossare un business politico-mafioso; in questo contesto i cutoliani uccisero il sindaco di Pagani Marcello Torre l'11 dicembre 1980. Presto il controllo del territorio portò Cutolo in contatto sia con altri sistemi criminali come la romana Banda della Magliana sia con il banditismo lombardo di Renato Vallanzasca. La NCO fu cercata per trattare la liberazione del presidente della Dc Aldo Moro, rapito dalle Brigate Rosse il 16 marzo 1978 e assassinato il 9 maggio. Stesso ruolo ma con esiti opposti Cutolo lo ricoprì quando trattò con la colonna napoletana delle Brigate Rosse il sequestro dell'assessore all'urbanistica di Regione Campania Ciro Cirillo, rapito il 27 aprile 1981 e rilasciato il 24 luglio 1981. Molti segreti di quella trattativa oscura tra apparati statali, servizi segreti, settori della Dc e camorra sono finiti nella tomba con Cutolo. La guerra con altri potenti clan di camorra come i Nuvoletta, gli Alfieri, i Bardellino, i Gionta, riuniti nel cartello criminale della "Nuova Famiglia" lasciò a terra nel 1979 solo nel napoletano 71 morti; l'anno successivo sono 134 e salgono a 193 nel 1981, a 237 nel 1982, a 238 nel 1983, per scendere a 114 nel 1984. Dimenticate il pur significativo film "Il camorrista" di Giuseppe Tornatore del 1986 o la canzone "Don Raffaè" di Fabrizio De André del 1990. In questa storia non c'è nessun riscatto del Sud povero, nessun benessere per la collettività, nessun mito carbonaro che rivive. È una spietata storia che ha insanguinato per almeno 15 anni la terza città d'Italia, Napoli. Che ora può guardare a quella camorra che voleva farsi Stato, in un oscuro gorgo d'onnipotenza, con gli occhi attenti della memoria storica. Perché oggi è morto un criminale che ha insanguinato la sua terra.

La nostra terra.

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