Coronavirus

"Over 60 sono più a rischio Covid". Ma le cose stanno davvero così?

Gli esperti dicono che chi ha più di sessant'anni e i più anziani sono soggetti esposti maggiormente all’infezione da coronavirus, rischiando di ammalarsi in modo più grave. Ma il nodo è quello delle patologie pregresse

Foto di repertorio
Foto di repertorio

"I dati statistici indicano che finora le persone over 65 si sono ammalate di più di quelle più giovani e che la sintomatologia è stata più grave" si legge sul sito del ministero della Salute, nella pagina dedicata a tutte le Faq in materia di pandemia di Covid-19 e relative misure di contenimento. Gli over 60 e i più anziani, insomma, secondo gli esperti sono più esposti al pericolo di contrarre l'infezione da coronavirus e di sviluppare la malattia in forma più grave. Motivo per il quale, dall'inizio dell'isolamento forzato in casa, chi rientra in questa fascia di età è stato attenzionato e aiutato con servizi – quali la spesa gratuita a domicilio, giusto per fare un esempio – per far sì che uscisse il meno possibile dalla propria abitazione.

Sulla stessa falsariga si sta muovendo la task force per la ricostruzione e la ripartenza di Vittorio Colao, i cui tecnici, in vista della Fase 2, sembrano intenzionati a esonerare dal lavoro tutti gli over 60, così da proteggerli ulteriormente. Visto che, numeri dell'Istituto di Superiore di Sanità alla mano, la letalità tra i 60 e i 69 anni è sfiora il 10% - per l'esattezza è del 9,9% - contro il 2,6% di chi ha tra le 50 e le 59 primavere. Tra i 70 e i 79 anni, invece, il tasso di letalità del Covid si impenna al 24,7%.

Si tratta però di numeri molto probabilmente sovrastimati, come peraltro sottolinea Paolo Bonanni, professore di Igiene all'Università di Firenze, al Corriere della Sera, dal momento che "inizialmente i tamponi sono stati fatti solo a pazienti gravi in ingresso al pronto soccorso e solo nelle fasi più recenti sono stati estesi a persone poco sintomatiche". Motivo per il quale, aggiunge: "Sarà difficile fare una valutazione finale della letalità anche per fascia di età perché i criteri di rilevazione sono cambiati in corsa e non sappiamo quante persone si sono realmente ammalate".

Ecco allora perché il punto critico è un altro rispetto alla mera età anagrafica. Ed è quello rappresentato dalle patologie pregresse che una persona ha sviluppato nel corso della vita. Su questo fronte, sempre nelle "Frequently Asked Questions" del dicastero della Salute, si legge per l'appunto anche che "le persone anziane spesso convivono con più patologie contemporaneamente (come il diabete o l'ipertensione, giusto per fare due esempi, ndr) e contrarre l'infezione da Covid può determinare in loro uno squilibrio generale che può portare a conseguenze più serie che nel resto della popolazione".

Bene, eccoci qui al punto: certamente gli over 60, 65 e comunque i più anziani sono più esposti se hanno patologie pregresse e concomitanti con l'infezione da Covid. Ma non è invece affatto detto che un brillante settantenne in ottima forma fisica e dunque sano sia più in pericolo di un cinquantenne o sessantenne con il diabete. Anzi.

Ovviamente l'età gioca un ruolo importante, visto che più si invecchia più l'organismo si espone alle malattie ma l'età avanzata non è sinonimo di maggiore esposizione al rischio.

Quello che gioca a favore del virus è la presenza o meno, nell'individuo che va a infettare, di patologie croniche pregresse (specialmente se sono più di una).

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