Cronache

Pestaggi, violenza, omertà e disagi: cosa significa fare il poliziotto in Francia

Valentin Gendrot, giornalista 32enne, si è infilatrato per sei mesi in un commissariato del XIX° arrondissement, in un quartiere popolare e ha scritto in un libro, "Flic", tutto quello che ha visto

Pestaggi, violenza, omertà e disagi: cosa significa fare il poliziotto in Francia

Per sei mesi si è infiltrato tra i poliziotti di un commissariato del 19° arrondissement di Parigi. Poi ha documentato la violenza e le difficoltà quotidiane che agenti e fermati devono affrontare. Nella vita, però, Valentin Gendrot è un giornalista di 32 anni, che ha riportato tutto ciò a cui ha assistito in un libro intitolato "Flic", che in francese significa, appunto, poliziotto, "sbirro". Pestaggi, violenze, omertà, poca formazione, ma anche scarsa attenzione nei confronti della salute psicofisica delle forze dell'ordine, costrette a lavorare in condizioni complicate e, in qualche caso, spinte persino al suicidio, come è accaduto a un "collega" del cronista francese.

Il racconto dall'interno

Intervistato dal Fatto quotidiano, il Gendrot, che ha prestato servizio in uno dei quartieri più popolari di Parigi, ha descritto tutto quello che è accaduto sotto ai suoi occhi nei sei mesi di servizio. Ha preso appunti di quelle scene e le ha ricostruite tutte, una dopo l'altra, mostrando gli aspetti (anche contraddittori) del mondo della polizia francese. Perché quel tema, almeno secondo l'autore, risulta particolarmente "scottante" nel suo Paese. C'è, infatti, chi ne detesta l'operato e che esalta le loro operazioni. "Mi interessava raccontarne il quotidiano dall'interno, senza limiti, né tabù", conferma lo scrittore.

L'approccio con i migranti

Il racconto, infatti, esplora e mette in evidenza tutte le contraddizioni di quel mondo. Come, per esempio, il fatto che non tutti osservino le stesse regole, perché, anche se in polizia, è necessario fare rapporto su ogni cosa, esistono degli interventi "che sfuggono ai radar". Come nel caso dei migranti, fermati (quasi) tutti con lo stesso approccio e spesso picchiati e maltrattati in silenzio. Secondo la ricostruzione di Gendrot, lo schema con cui le forze dell'ordine si avvicinano ai cittadini stranieri si ripete ogni volta: avvicinati dalle pattuglie, vengono fatti salire su dei furgoni dove accade di tutto (botte, pestaggi, violenze) e poi vengono rilasciati qualche chilometro più avanti.

I "bersagli"

La gran parte della rabbia degli agenti è rivolta verso quelli che loro chiamano "les bâtards", cioè i giovani di origini africane, arabi o, più in generale, gli immigrati. Secondo il cronista-poliziotto, anche l'approccio nei loro confronti è sistematico e gli atti di violenza risultano spesso ingiustificati. Tra gli aneddoti citati da Gendrot c'è anche quello che riguarda un immigrato irregolare algerino, fermato per violenza sessuale che, mentre attende seduto in manette di essere interrogato, viene insultato e picchiato senza motivi apparenti. "Un giorno siamo intervenuti per dei giovani che sentivano la musica ad alto volume e davano fastidio. A un certo punto scoppia una rissa e un agente picchia uno di loro. Io stesso ho firmato un verbale falso in cui si scaricava la colpa sul ragazzo", conferma il cronista.

Agenti frustrati

Nel ricordare l'episodio di un giovane colto a rubare in un negozio e picchiato appena fatto salire sul furgone da un gruppo di poliziotti, Gendrot ha voluto raccontare anche le difficoltà cui, nel quotidiano, sono sottoposti gli agenti. Che, spesso, si autogesticono e si fanno giustizia da soli. "Non li scuso, ma li capisco. Non si sentono considerati e lavorano in pessime condizioni", ha detto il giornalista. Che, infatti, nel suo soggiorno nel XIX° arrondissement ha visto con i suoi occhi cosa accade all'inizio di ogni turno, alle sei del mattino. Situazioni di degrado totale o tossicodipendenti da gestire, nella migliore delle ipotesi: commissariato in pessimo stato e degrado diffuso. Se si vuole uscire con una pattuglia, non sempre si può contare sui veicoli messi a disposizione dallo Stato, perché non funzionano. Così come le luci, che negli spogliatoi non funzionano: "Ho visto topi mangiare il cibo dei fermati. Un collega si è suicidato".

"La polizia come un clan"

Come emerso dal racconto del giornalista, i poliziotti violenti, in Francia, sono comunque una minoranza, ma hanno tutti caratteristiche comuni. Dalla testimonianza di Gendrot è emerso che l'identikit corrisponde a una persone di circa trent'anni, proveniente dalla provincia e appartenente alla classe media. L'aspetto che più di tutto ha impressionato il giornalista-poliziotto è il silenzio e l'omertà che compongono la quotidianità di diversi commissariati di polizia: "Gli altri li coprono: lo polizia funziona come un clan. Non si fa la spia, non ci sono traditori.

Anche chi non è d'accordo con queste pratiche sta zitto".

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