Cronache

Gerry Scotti: "In ospedale c'erano persone intubate, pregavo per loro"

Messa alle spalle l'esperienza del ricovero per Covid, Gerry Scotti ha raccontato il terrore di quei giorni in ospedale, dove ha visto con i suoi occhi la tragedia di questa malattia così subdola

Gerry Scotti: "In ospedale c'erano persone intubate, pregavo per loro"

Gerry Scotti ce l'ha fatta, è uscito dall'incubo del Covid nel quale era piombato ormai più di venti giorni fa. Ha visto con i suoi occhi cosa significa la terapia intensiva e ha deciso di raccontare la sua esperienza al Corriere della sera, ora che è tutto finito e che l'incubo non è altro che un ricordo, anche se non troppo lontano. Il popolare conduttore non è particolarmente attento ad aggiornare i suoi social network, e quindi non ha aggiornato passo dopo passo i suoi seguaci sull'evoluzione delle cure come hanno fatto altri suoi colleghi. Ha preferito il silenzio ma qualcuno ha parlato per lui durante i lunghi giorni di degenza e ha divulgato informazioni non attinenti con la realtà, che è invece quella che racconta Gerry Scotti.

Il ricovero di uno dei volti simbolo di Canale5 è durato 10 giorni, non facili. Anche lui, come Iva Zanicchi e come Carlo Conti, sembrava essere asintomatico. Pensava di aver contratto una delle forme meno invasive del coronavirus e invece per lui si sono aperte le porte dell'ospedale Humanitas di Rozzano, struttura sanitaria d'eccellenza alle porte di Milano. I primi giorni di malattia sono stati come un limbo per Gerry Scotti: "Avevo 36 e 2 e pensavo di star bene. Invece positivo. Quando ho sentito quella parola mi è sembrato improvvisamente di essere al di là del Muro di Berlino, non so come altro spiegarlo. In un attimo ho rivissuto i sei mesi di paura, terrore, precauzione, speranza che stiamo vivendo tutti. Perché proprio a me? Sentivo di non sapere nemmeno da dove cominciare a capire da dove fosse partito tutto". Una sensazione comune a tanti, che nonostante le attenzioni, spesso maniacali, contraggono comunque il coronavirus. "Ti viene l'istinto a non piangerti addosso, questa malattia è subdola, puoi stare due o tre giorni con poca febbre, addirittura senza come successo ad alcuni miei amici, e dopo 7 giorni ti negativizzi. Speravo di essere in quel mazzetto di fortunati vincitori del Boero, i cioccolatini con il regalo", ha spiegato il conduttore.

Poi per lui tutto è precipitato durante una visita di controllo: "Mi è stato consigliato di rimanere da loro perché avevo tutti i parametri sballati: fegato, reni, pancreas. Ero già nell'unità intensiva, perché quando entri nel pronto soccorso del Covid Center non c'è l'area rinfresco, l'area macchinette, l'area vogliamoci bene: si apre una porta e da lì in poi vedi tutto quello che hai visto nei peggiori telegiornali della tua vita. Sono diventato verde, ho sudato freddo". Gerry Scotti non è mai entrato in terapia intensiva, come sostenuto da qualcuno nei giorni precedenti, fortunatamente si è fermato allo step precedente: "I medici mi dicevano di non spaventarmi: non la mettiamo in terapia intensiva ma in una stanza a fianco perché abbiamo bisogno di monitorarla, per sapere se la sua macchina, il suo corpo, ha bisogno di cure particolari. Ero in una stanzina, di là c'era la sliding door della vita di tantissime persone".

E lui le vedeva. Quando si aprivano quelle porte poteva vedere i pazienti che combattevano tra la vita e la morte: "Vedevo 24 persone immobili, intubate, come nei film di fantascienza. Pregavo per loro invece che pregare per me". Gerry Scotti ha dovuto indossare il casco cpap per un paio di giorni a ore alterne, l'ultima terapia prima di quella più invasiva, quella al di là della porta. Sono stati due giorni di ansia per il conduttore, finché "una mattina hanno girato indietro il letto e mi hanno riportato nella mia stanza". Scotti è stato letteralmente travolto dall'affetto del pubblico, nonostante non sia particolarmente attivo sui social, ma sono stati tanti anche i messaggi di affetto di colleghi e addetti ai lavori, tra i quali cita solo Carlo Conti, con il quale ha condiviso l'esperienza, anche se in due ospedali diversi. "Io gli chiedevo: quanti litri di ossigeno? Lui mi rispondeva 4. E io invece stavo ancora a 5. E la pastiglia, te l'hanno data? Abbiamo fatto come Coppi e Bartali...", ha scherzato Gerry Scotti.

Non sarà un'esperienza facile da dimenticare per lui, che ha potuto toccare con mano la preparazione dei medici e di tutto il personale sanitario che lavora al Covid Center dell'Humanitas di Rozzano, una struttura preparata durante l'estate in previsione della seconda ondata. "In quelle notti insonni vedevo un formicaio di ragazzi e ragazze, tutti sotto i 30 anni, nessuno fermo per più di 10 secondi. Una preghiera mi hanno fatto quando sono uscito: dica che non siamo eroi, dica che siamo ragazzi e ragazzi che cercano di fare al meglio il proprio lavoro. È facile cavalcare gli errori e le polemiche, ma gli errori e le polemiche non sono di quelli che sono in prima fila, in trincea. Gli sbagli sono più indietro, nei quartier generali, appartengono alla politica. Non certo a loro", ha spiegato Scotti con grande commozione. Prima di finire, il conduttore ha voluto rivolgere un pensiero anche ai cosiddetti negazionisti: "Bisogna prenderli e lasciarli in quella stanzina un'ora. Non c'è bisogno di 36 ore come è stato per me.

Sicuro che cambiano idea".

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