Attualità

Sorpresa verde. Mai tanti boschi in Italia

L'Italia non ha mai avuto così tanti alberi negli ultimi 1.500 anni

Sorpresa verde. Mai tanti boschi in Italia

Ascolta ora: "Sorpresa verde. Mai tanti boschi in Italia"

Sorpresa verde. Mai tanti boschi in Italia

00:00 / 00:00
100 %

L'Italia non ha mai avuto così tanti alberi negli ultimi 1.500 anni: non è chiaro quindi che cosa gliene importi a Mario Brunello (eccelso violoncellista, notissime le suite bachiane) del legnaccio più maltrattato di tutte le Alpi, quello dei larici abbattuti per far posto alla pista di bob di Cortina: «Sono qui per dare voce a questi larici una richiesta di pietà per uno scempio che sta avvenendo in questo bosco». E certo: i due violoncelli Maggini suonati da Brunello mica sono di Larice: Giovan Battista Maggini nel 1600 usò persino pioppo, pero, noce, abete, acero e anche sicomoro: ma larice mai. Il larice, mentre Brunello suonava, era tutt'intorno, anche perché è l'unica conifera decidua spontanea in Italia; ci costruiscono, col larice, tutte le tenute di montagna, le case, le fattorie, i pali per le recinzioni, le paratie per le valanghe, i paraventi, le pergole, e con la resina ci fanno le vernici, anche quelle dei violoncelli: questo in tutta Europa.

Quanto ci sia il problema degli alberi, in Italia, già lo spiegava nel 2006 il professor Mauro Agnoletti da Bruxelles: «Nei primi decenni del Novecento la superficie dei boschi era di circa 3 milioni e mezzo di ettari, oggi i boschi ne occupano 10 milioni». Più aggiornato fu il censimento del 2018 rispolverato da Jacopo Giliberto sul Sole 24 Ore: il 36,4 per cento del Paese è ricoperto da alberi, cosa che non accadeva dai tempi della guerra bizantino-gotica di 1.500 anni fa. Ci sono circa 200 alberi per ogni italiano e solo dal 2005 al 2015».

Com'è possibile? C'è sempre lo zampino umano: l'industrializzazione, l'invenzione dei concimi azotati e di fertilizzanti vari, gli antiparassitari (tutti inquinanti, compreso il verderame caro all'agricoltura biologica) oltre all'invenzione del trattore e della mietitrebbia e altre macchine infernali: dagli anni Cinquanta serve molto meno terreno e molta meno manodopera per produrre molto più cibo, mentre in precedenza la produzione agricola poteva essere accresciuta solo aumentando l'estensione coltivata.

Jacopo Giliberto, sul Sole 24 Ore, nel 2018, fu molto bravo a ricordare come uno dei periodi più disboscati d'Italia fu il basso Medioevo, quando il solo modo di alimentare la popolazione (di numero e di stomaco) era abbattere alberi e sostituirli con colture. Esempio perfetto ne è l'affresco sugli «effetti del buon governo sul contado» (Ambrogio Lorenzetti, 1338-1339, Siena) dove si mostra la campagna toscana coltivata intensamente e senza boschi: diversamente da oggi.

L'ultima mappatura è a cura di Istat, Crea, Carabinieri Forestali, Sisef e ministero delle Politiche agricole: le aree verdi sono cresciute del 2,9 in cinque anni e hanno guadagnato 270mila ettari, l'equivalente dell'intera provincia di Modena; specie più diffuse il faggio con oltre un milione di ettari a cui seguono i querceti (circa un milione di ettari).

Non è tutto verde quel che luccica, ovvio: il rimboschimento è indiscriminato e talvolta ha eliminato tipologie paesaggistiche o cosiddette biodiversità, ma l'Italia resta la nazione con più biodiversità vegetale e animale del mondo (nessuno stato europeo ha tante piante da semi come l'Italia) e questo per tante varietà climatiche tra loro vicine ma parecchio diversificate. È presto per riparlare di «foreste», ma il rimboschimento spiega anche la crescita da alcuni ritenuta un problema - della vita selvatica e cioè di cervi, cinghiali, lupi, linci, i famosi orsi, ma anche insetti o piante meno evidenti.

Naturalmente c'è un ambientalismo a cui non piace neanche questo, e, tra la megalomania di chi pensa che l'uomo possa avere dominio totale sulla natura (nel male ma anche potenzialmente nel bene) non mancano voci generiche che ritengono prevalentemente «abbandonato in uno stato di degrado» questo rimboschimento. Ad altri non piace che l'Italia sia diventato il maggior importatore europeo di legna da ardere e che parimenti l'industria del mobile importi il 90 per cento del legname. Anche le poche centrali basate su energie rinnovabili tipo le biomasse legnose - importano il materiale da Canada, Brasile e sud del mondo. Il risultato è che in Italia non si disbosca, ma si criticano i viaggi transoceanici per procurarsi il legno: perché i viaggi inquinano. Non c'è speranza, ma intanto c'è Mario Brunello che suona per i larici.

Per andare nella zona degli alberi abbattuti è passato sotto una funivia, e indossava un piumino Montura imbottito in piume d'anatra 90/10.

Commenti