Cronache

La storia della spia di Putin infiltrata nel comando Nato a Napoli

Maria Adela, vero nome Olga Kolobova, era in realtà una spia russa al soldo del Cremlino. La denuncia: "Nessun agente russo era mai riuscito a penetrare così in profondità il vertice della Nato"

La storia della spia di Putin infiltrata nel comando Nato a Napoli

A Napoli la conoscevano come Maria Adela Kuhfeldt Rivera. Trentenne, nata in Perù da padre tedesco, capace di parlare sei lingue, la giovane si era stabilità nel capoluogo campano una decina di anni fa. Qui frequentava con disinvoltura i circoli mondani della città. Al punto di riuscire a infiltrarsi tra il personale della base Nato e della VI Flotta statunitense, ovvero il gotha del potere militare occidentale in Europa. Peccato che Miss Maria Adela, vero nome Olga Kolobova, fosse in realtà una spia russa al soldo del Cremlino. Oggi questa donna è letteralmente evaporata come neve al sole. Quel che è peggio è che nessuno sa quali e quanti segreti sia riuscita a carpire nel corso della sua missione.

Una spia russa nel comando Nato a Napoli

Quella sopra sintetizzata è la clamorosa vicenda ricostruita da un'inchiesta condotta per dieci mesi da un consorsio di testate giornalistiche: il settimanale tedesco Der Spiegel, il sito investigativo Bellingcat, The Insider e il quotidiano italiano Repubblica. Maria Adela è stata definita "la protagonista della più clamorosa operazione d'intelligence" mai realizzata dalla Russia in Italia.

L'indizio principale che collegherebbe la ragazza ai servizi segreti di Mosca sarebbe il passaporto usato per entrare in Italia. Un passaporto russo, a quanto pare appartenente alla stessa serie speciale impiegata anche dagli 007 del Gru, ossia dall'intelligence militare del Cremlino.

Secondo quanto riportato, Maria Adela avrebbe frequentato personale della base Nato e della VI Flotta statunitense. Non sappiamo, tuttavia, se la donna sia stata in grado di diffondere virus informatici negli smartphone e nei pc dei suoi vecchi amici. "Nessun agente russo era mai riuscito a penetrare così in profondità il vertice dell'Alleanza atlantica", hanno sottolineato gli autori dell'inchiesta.

La storia di Adela

Per raccontare la ricostruzione della storia di Adela è utile partire dal fondo. Il 14 settembre 2018, Bellingcat e The Insider pubblicarono alcuni documenti riservati con i quali sostennero di aver smascherato la squadra di killer, presumibilmente connessa al Gru, responsabile di aver cercato di avvelenare con il gas Novichok sia Sergey Skripial che Emilian Gebrev. Ebbene, all'indomani di questa rivelazione Adela sarebbe partita da Napoli in direzione Mosca, senza avvisare nessuno e senza mai più riapparire.

A distanza di quattro anni si sarebbe scoperto che il nome di Maria Adela era inventato, così come la sua biografia. Nell'agosto 2005 un avvocato di Lima avrebbe chiesto il riconoscimento della cittadinanza peruviana per la ragazza, realizzando un certificato di nascita siglato a Callao il primo settembre 1978, oltre ad un attestato di battesimo della parrocchia di Cristo Liberador. All'epoca dei fatti non sarebbe esistita nessuna chiesa del genere (sarebbe nata soltanto nove anni dopo), e dunque le autorità peruviane avrebbero bloccato il procedimento burocratico.

Mosca avrebbe deciso in ogni caso di proseguire con l'operazione, sperando che nessuno controllasse questo cavillo burocratico in un Paese del Sudamerica. Nel 2006 sarebbe arrivato il passaporto russo per Maria Adela, definita una tecnica dell'università statale. Nell'inchiesta si legge che all'indirizzo moscovita di residenza presente sul documento nessuno si ricorda della donna.

L'arrivo in Europa

A quel punto Adela sarebbe entrata in Europa. Nel periodo compreso tra il 2009 e il 2011 la ragazza si sarebbe spostata tra Roma e Malta. Nell'ottobre 2012 avrebbe effettuato una complicata trasferta via treno, a Mosca da Parigi passando attraverso la Bielorussia. Sarebbe stato il primo di tanti viaggi simili che la donna avrebbe ripetuto negli anni a venire. Certo è che, fino al 2012, Adela, si legge nell'inchiesta, abitava a Parigi, dove tra l'altro avrebbe registrato una società di gioielleria con il marchio Serein. A quel punto si sarebbe quindi spostata in Italia, abitando prima a Ostia in una modesta palazzina, poi a Napoli, in una delle vie più esclusive di Posillipo. Da studentessa, come era definita sulla carta d'identità rilasciata dal Comune laziale, avrebbe registrato una società per confezionare gioielli, Serein Srl.

La vita di Adela si sarebbe trasformara. Avrebbe iniziato a partecipare agli eventi più importanti della città, organizzare serate e cene con personaggi più o meno noti. Stando all'inchiesta fatturava poco, eppure spendeva molto più di quanto riusciva sulla carta ad incassare. Ad un certo punto sarebbe riuscita perfino ad entrare nel Lions Club Napoli Monte Nuovo, un circolo fondato dagli ufficiali della base Nato di Lago Patria. I soci sono militari, tecnici o impiegati dell'Alleanza Atlantica o della VI Flotta statunitense. Adela avrebbe dunque utilizzato questo club per tessere una ragnatela con la quale agganciare ufficiali Nato. Con alcuni di loro la donna avrebbe imbastito pure rapporti sentimentali.

In seguito ad un'analisi approfondita, e comparando la foto di un vecchio passaporto, ecco infine la presunta verità dell'inchiesta: Maria Adela sarebbe in realtà Olga Kolobova, nata nel 1982. Suo padre risulterebbe essere un colonnello che, in passato, avrebbe ricevuto mediaglie per aver servito la Russia all'estero.

L'immagine sul profilo WhatsApp di Olga, infine, sarebbe la stessa di quella pubblicata da Maria Adela ai tempi di Napoli.

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