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Vogliono farci cantare "Bella ciao" per legge

Proposta Pd-Leu-M5s: alle cerimonie del 25 aprile la canzone partigiana suonata dopo l'inno

Vogliono farci cantare "Bella ciao" per legge

Il migliore è Marco Rizzo, l'ultimo «panda» comunista, che sbugiarda il Pd per la proposta di legge di rendere istituzionale Bella ciao il 25 aprile. «Classico antifascismo prêt-à-porter - affonda il segretario del Partito comunista -. Non è un caso che proposte simili vengano alla luce sempre appena prima di un periodo elettorale. Adesso ci sono le elezioni amministrative».

E rincara la dose, ricordando che all'ultimo ricorso alle urne Pd e sinistra gridavano al «lupo» Salvini e al rischio onda nera, ma «adesso governano con la Lega».

Una nutrita pattuglia di deputati del Partito democratico assieme a qualche stampella di Italia viva, dei 5 Stelle e di Liberi e uguali hanno depositato alla Camera la proposta di legge che prevede «il riconoscimento da parte della Repubblica della canzone Bella ciao quale espressione popolare dei valori fondanti della propria nascita e del proprio sviluppo». E impone che «sia eseguita, dopo l'inno nazionale, in occasione delle cerimonie ufficiali per i festeggiamenti del 25 aprile, anniversario della Liberazione dal nazifascismo».

Bella ciao, spesso e volentieri anche prima o al posto dell'Inno di Mameli, risuona già in occasione del 25 aprile senza aver bisogno di suggelli istituzionali. Le orecchiabili strofe sono diventate un'evidente «bandiera» contro chiunque non sia allineato e coperto a sinistra. Bella ciao è stata cantata dalle Sardine di ogni tempo contro gli «uomini neri» che avanzano, da Silvio Berlusconi a Matteo Salvini, passando per Giorgia Meloni. E pure dalla piazza Lgbt contro chi crede nella famiglia tradizionale e la solita destra mangia diritti, chiodo fisso del mondo arcobaleno. Basterebbe questo per capire quanto sia assurdo voler rendere istituzionale e fondante per la Repubblica, al pari dell'inno nazionale, una canzone così divisiva, utilizzata come stendardo politico.

Per di più è tragicomico il fatto che i partigiani, quelli veri fra i monti, non conoscevano nemmeno una parola di Bella ciao. Giorgio Bocca aveva giustamente dichiarato: «Nei venti mesi della guerra partigiana non ho mai sentito cantare Bella ciao, è stata un'invenzione del Festival di Spoleto» ben dopo la guerra. Non solo: la prima volta che Bella ciao diventa famosa in mezzo mondo è nel 1947, al festival della Gioventù democratica a Praga, dove i sovietici cominciano a mettere in piedi la cortina di ferro.

Laura Boldrini, ex presidente della Camera, difende Bella ciao come «canto della Resistenza ed essendo stata questa un moto di popolo è giusto che diventi un inno istituzionale».

A Trieste e Gorizia il 25 aprile e la canzone ricordano, a molti, non proprio la liberazione, ma l'occupazione delle truppe di Tito e la deportazione degli italiani fatti sparire per sempre nelle foibe.

Lo scorso anno ci avevano provato Piero Fassino e altri del Pd ad imporre Bella ciao nelle scuole. Peccato che i nostri studenti neppure conoscono le parole di Fratelli d'Italia, nonostante la norma che prevede l'insegnamento delle strofe di Mameli.

E poi l'idea peggiore per una canzone simbolo «di libertà e resistenza» come Bella ciao è proprio imporla per sigillo istituzionale.

Per questo ha avuto un grande successo, più che il 25 aprile, quando la cantavano i protagonisti mascherati della fortunata serie tv, La casa di carta.

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