Guerra in Israele

F-35 "potenziati" dagli Usa: così Israele usa il caccia di quinta generazione contro Hamas

Il Pentagono ha fornito un "pacchetto" di implementazione per gli F-35 Adir impiegati da Israele nella guerra contro Hamas. Le informazioni sulle minacce nemiche saranno più dettagliate e la flotta più efficace

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La flotta di F-35 israeliana ha ricevuto dal Pentagono un'implementazione che ha consentito e consentirà una maggiore efficacia ai caccia di 5ª generazione soprannominati "Adir". Impiegati nella guerra combattuta contro Hamas. Essa consiste in un pacchetto di "speciali file informatici" con "informazioni dettagliate" sulle minacce nemiche. Consentendo ai piloti degli F-35 Adir di classificare meglio bersagli e obiettivi, e limitare possibilmente l'assurdo numero di vittime collaterali sofferto dalla popolazione civile della Striscia di Gaza.

Secondo quanto riportato, dopo l'attacco terroristico sferrato da Hamas lo scorso 7 ottobre il Pentagono ha consegnato all'Aeronautica israeliana una serie di file con dati essenziali alla missione degli F-35 Adir che hanno condotto i raid sulla Striscia. A dichiarare il supporto logistico portato a termine nella prima settimana del conflitto, è stato un vertice del Pentagono che ha conferito con il Congresso, spiegando nel dettaglio cosa comprendesse il "pacchetto" fornito agli israeliani. Per "file di dati della missione" si intende "essenzialmente il cervello del jet: un ampio sistema di dati con informazioni su potenziali minacce", riportano su sito d'analisi DefenseOne.

La flotta di F-35 israeliani, dispiegati immediatamente, nonostante la possibilità di impiegare piattaforme più rodate e meno preziose da perdere, ha dato un apporto "eccezionale" nella lotta contro Hamas, riferiscono i vertici del Pentagono. Mentre i funzionari del Pentagono pubblicizzano con tono entusiastico la grande efficacia del caccia di quinta generazione nella guerra con un avversario oggettivamente impari ad ogni livello di scontro, il bilancio delle vittime a Gaza supera del 18mila unità. Un numero inaccettabile per l'Occidente sempre più scosso dalle conseguenze dell'operazione militare israeliana denominata "Sword of Iron" e articolata fino ad ora in tre diverse fasi.

È indubbio che parte dell'enfasi del Pentagono sia collegata alla possibilità di analizzare l'impiego in battaglia di questa piattaforma di ultima generazione che sta armando le principali forze aeree della Nato, che prima dell'impiego effettivo della forza aerea israeliana non ha ricevuto un "battesimo del fuoco" degno di nota.

Le forze di difesa israeliane il mese scorso hanno confermato di aver impiegato con successo uno dei loro F-35 Adir per intercettare e abbattere un missile da crociera di produzione iraniana, probabilmente lanciato dalla Yemen; e come riportato in questa recente occasione: “l’Ufficio del programma congiunto dell’F-35 " che secondo i funzionari statunitensi si è mosso con "una velocità vertiginosa per supportare il partner e alleato più vicino in Medio Oriente, Israele" ha di fatto "accelerando le capacità degli F-35 nella loro lotta contro le atrocità commesse da Hamas”.

Un risultato allettante, se solo non fosse diffusamente accompagnato dall'idea che un caccia con queste sofisticate tecnologie sia in ultimo inviato e in concreto costretto a colpire bersagli nel pieno centro di città ancora densamente popolate, provocando un numero di vittime enorme anche al di fuori degli spietati esecutori di Hamas.

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