Controcorrente

Dormire in due metri: ora l'albergo è in scatola

Anzichè in una camera, si dorme in una capsula. Tecnologica e superaccessoriata fin che si vuole, ma pur sempre capsula

Dormire in due metri: ora l'albergo è in scatola

nostro inviato a Napoli

Se quando entrate in una stanza d'albergo avete bisogno di aprire la finestra e affacciarvi, prendere una boccata d'aria e godervi il panorama, il «box» non è il posto per voi. Ma se avete mai dormito nella cuccetta di una barca a vela, allora avete idea di che cosa vuol dire passare la notte in un «capsule hotel». Il nome dice tutto perchè, anzichè in una camera, si dorme, appunto, in una capsula. Tecnologica e superaccessoriata fin che si vuole, ma pur sempre capsula.

Il primo vero e proprio albergo «in scatola» d'Italia ha aperto poco più di un anno fa all'aeroporto di Capodichino, anche se esempi simili sono nati più o meno nello stesso periodo in due scali lombardi, Orio al Serio e Malpensa.

L'ACCOGLIENZA

Appena usciti dal terminal di Capodichino, subito sulla sinistra, dietro una grande vetrata, c'è l'edificio che fino a qualche tempo fa ospitava mensa e uffici di una società di servizi aeroportuali. Lo stanzone al primo piano è stato trasformato: un bancone per la reception, attiva 24 su 24, e qualche fila di scatole multicolori, in tutto sono 42. Una tessera magnetica e le porte dei box si aprono: nel bianchissimo loculo interno un letto, incassati alla parete una tv ultrapiatta e uno specchio, due tavolini pieghevoli che calano anch'essi dalle pareti. Con una specie di telecomando, si gestiscono temperatura, areazione e luce, per muoversi devono bastare forse 40 centimetri a lato del materasso. Visto il candore abbagliante dell'insieme, potrebbe essere la cella contenitiva di qualche ospedale psichiatrico in un film iperrealista. E invece non ci si dorme neppure male. Se si guardano le recensioni dei clienti sui principali siti di prenotazione, i giudizi sono quasi sempre positivi. Certo, l'insieme è spartano: i bagni, per esempio, sono modernissimi ma in comune. I prezzi, in compenso, sono da viaggiatore low cost: si paga a tempo e per 9 ore la tariffa è di 25 euro. L'esempio è giapponese e nel paese del Sol Levante i «kapuseru hoteru» sono ormai un'istituzione. Il primo, il Capsule Inn di Osaka aprì i battenti nel 1979, adesso sono un po' dappertutto, negli aeroporti ma anche nelle stazioni. In terra asiatica il concetto di capsula è portato all'estremo: in molti casi le scatole sono impilate l'una sull'altra e non c'è porta. Per entrare bisogna aprire un oblò e strisciare all'interno. A usarle sono di solito viaggiatori in attesa di una coincidenza, ma anche pendolari, che perso l'ultimo treno per casa, decidono di fermarsi vicino all'ufficio per riprendere subito il lavoro il giorno dopo.

L'IDEA

A Napoli i clienti di BednBoarding (Benbo), questo il nome della struttura, sono come ovvio in larghissima misura viaggiatori del vicino aeroporto. E quando capita, come poco meno di un mese fa, che la neve imprevista metta a soqquadro il piano dei voli, lasciando a terra molti passeggeri, le scatoline si riempiono immediatamente. «La nostra alta stagione, però, va da maggio a settembre, quando l'attività di Capodichino è più intensa», spiega Carlotta Tartarone, che dell'hotel capsula napoletano è il project manager. È stata lei, insieme ad alcuni imprenditori della zona, a dare il via all'iniziativa. «Vengo da una famiglia di architetti e designer che però si occupano anche di turismo e accoglienza. Da qui è nata l'idea: un gruppo di architetti ha disegnato le capsule, poi abbiamo trovato una ditta di Verona che le ha realizzate in legno e policarbonato». La maggior parte dei clienti del «capsule hotel» non si ferma più di una notte. «Ma anche a questa regola ci sono eccezioni», dice Carlotta Tartarone. «In luglio, per esempio, abbiamo avuto un gruppo di studenti che da privatisti dovevano affrontare gli esami di maturità qui a Napoli. Sempre quest'estate si sono fermate per giorni delle ragazze americane in viaggio per l'Italia». Superata la boa del primo anno, per i soci di Benbo è tempo dei primi bilanci: «Le cose sono andate perfino meglio di quanto ci aspettassimo. Come ovvio volevamo valutare i risultati dei primi 12 mesi di attività qui a Capodichino, adesso tireremo le somme e credo proprio che ci sia la possibilità di crescere e avviare nuove iniziative in altre città. Del resto», conclude Carlotta Tartarone, la prima ad apprezzare la comodità del capsule hotel sono io. Quando devo partire e ho un volo presto al mattino, non ho dubbi: mi fermo sempre a dormire da noi».

BANCOMAT DEL SONNO

Se il capsule hotel napoletano punta, appunto, sul concetto di hotel (location separata dal terminal, bagni dedicati, servizio di reception 24 ore su 24), Zzzleepandgo, la società che opera a Orio al Serio e alla Malpensa, gioca tutto sulla «scatola» ipertecnologica.

Prima nello scalo bergamasco e poi in quello milanese ha piazzato degli sleeping pods (altra espressione inglese che significa ancora una volta capsule per dormire) direttamente nei terminal, a pochi passi dai banchi per il check in. I bagni sono quelli dell'aerostazione, comuni a tutti i viaggiatori, mentre ad accogliere il cliente non c'è nessuno, si fa tutto elettronicamente grazie a una specie di bancomat. Ci si può registrare online o direttamente sul posto. Dentro, in tre metri quadri o giù di lì, c'è quello che serve per riposarsi qualche ora tra un volo e l'altro: ovviamente il letto, climatizzazione, collegamento wifi, una stazione di ricarica per i dispositivi digitali.

A creare la società sono stati tre compagni di liceo originari della zona del Lago Maggiore, Alberto Porzio, Matteo Anthony Destantini e Nicolas Montonati. All'università hanno scelto strade diverse (rispettivamente scienze politiche, architettura e ingegneria) ma a riunirli è stata l'idea imprenditoriale. Con il sostegno finanziario di un imprenditore hanno creato Zzzleepandgo, a cui lavorano sin dal 2015. Ora, dopo l'esordio aeroportuale, hanno deciso di allargare il tiro. «Tra pochi giorni piazzeremo le prime capsule all'ospedale di Bergamo», spiega Matteo Anthony Destantini. «Pensiamo possa esserci richiesta tra chi deve assistere i malati. Poi a Milano stiamo per avviare quello che per noi è l'esperimento più impegnativo: il primo capsule hostel, praticamente in centro città (vedi anche articolo in alto; ndr)».

SUPERLUSSO

Del resto in tutto il mondo, e sopratttuto in Asia, i capsule hotel si sono ormai definitivamente affermati. Nati come scelta low cost per coprire la fascia bassa del mercato dell'accoglienza, in qualche caso sono diventati un'attrazione turistica loro stessi.

Un esempio è l'Anshin Oyado, a due passi dalla stazione di Shinjuku nel centro di Tokio: offre ai suoi clienti la possibilità di accedere a una spa di lusso, aree sauna ed eleganti sale massaggi.

Commenti