Guerra in Ucraina

Putin straccia gli accordi fiscali: cosa succede agli affari tra Russia e Occidente

Sospesi gli accordi sulla doppia tassazione: la Russia rilancia la guerra economica all'Occidente. E i legami di business saranno d'ora in avanti sempre più difficili

Putin straccia gli accordi fiscali: cosa succede agli affari tra Russia e Occidente

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Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto presidenziale concernente lo stop agli accordi contro la doppia tassazione fiscale con i Paesi indicati nella lista ufficiale degli Stati ostili dal Cremlino, Italia compresa. Su 49 Paesi classificati come ostili dal Cremlino, la Russia aveva accordi contro la doppia tassazione con 38 di essi: tutti i Paesi dell'Unione Europea, i membri europei della Nato, gli Usa, il Canada, Singapore, il Giappone, l'Australia e la Nuova Zelanda. Ora tutti questi accordi verranno meno e l'unico Paese del campo occidentale a mantenere accordi di questo tipo con Mosca sarà la Turchia, che pur essendo nella Nato non è mai stata inclusa nella lista delle nazioni ostili.

Tali accordi, lo ricordiamo, sono un uso consolidato nel diritto finanziario internazionale e tutelano le attività di soggetti fisici e persone giuridiche che si trovano ad agire a cavallo tra più Paesi. Con questi accordi, per fare un esempio semplice, i redditi prodotti da soggetti italiani in Russia (e viceversa) o gli utili delle aziende nazionali operanti nella Federazione non erano soggetti alla duplice imposizione di Roma e di Mosca. Gli accordi sulla doppia tassazione disciplinano la tassazione delle rendite prodotte da beni mobili e immobili, la distribuzione dei dividendi e dei profitti generati dalle imprese verso le capogruppo e gli azionisti, gli interessi su prestiti e conto capitale, la gestione dei redditi generati tramite lavoro subordinato, erogazione di servizi, cessione di diritti di proprietà intellettuale, brevetti e diritti d'autore. In sostanza, regolano tutta l'ordinaria attività di business tra due sistemi-Paese.

Putin ha deciso di sospenderli in risposta alle sanzioni occidentali crescenti che hanno prodotto un notevole affanno all'economia russa e il rischio di una repentina fuga di capitali. Al contempo, dato che le attività russe all'estero sono assai più contratte di quelle residue dell'Occidente in Russia in settori che vanno dalla grande distribuzione all'energia, la mossa acquisisce un valore strategico per finanziare la guerra in Ucraina: non potendo più contare sui lauti dividendi legati ai costi in volo dell'energia dei primi mesi di conflitto, la Russia vuole estrarre il più possibile da quelle società che generano valore in Russia e non potranno più portare i profitti alle capogruppo, ma dovranno pagare in Russia le tasse per le proprie attività. Ironia della sorte, proprio temendo questo fatto per diversi mesi l'Unione Europea ha esitato a inserire la fine di questi accordi nei pacchetti di sanzioni previsti per colpire l'economia russa.

A marzo l'Eu Observer definiva "totalmente insicura" per le aziende occidentali la situazione economica della Russia, schiacciata tra la tendenza di Mosca a ordinare espropri contro le sezioni locali delle aziende e la possibile minaccia ai diritti di proprietà. Ora il Paese di Putin rilancia, anche per fermare gli effetti di una fuga di capitali che da febbraio 2022 a oggi sta cominciando a acquisire dimensioni ciclopiche: il Moscow Times ha segnalato tramite un'analisi dei suoi esperti che dall'invasione dell'Ucraina a oggi 253 miliardi di dollari sono usciti dalla Russia sotto forma di ritiro di depositi bancari, disinvestimenti, svalutazione di asset per la loro liquidazione.

Abolire la doppia tassazione mira a promuovere per il bilancio russo una serie di nuove entrate colpendo il comparto aziendale legato ai Paesi ostili e a favorire direttamente il ruolo di pontieri di quei Paesi con cui gli accordi vigono ancora: tra questi la citata Turchia, gli Emirati Arabi, i Paesi dell'Asia centrale, l'Armenia, l'India, la Cina e, ultimo entrante a giugno, l'Oman potranno essere centrali di intermediazione tra Mosca e i Paesi ostili. Mentre al contrario sarà sempre più difficile fare affari tra Russia e Occidente ora che le regole base del mercato sono, una dopo l'altra, state fatte cadere per iniziativa di entrambe le parti, che hanno gradualmente consolidato il distacco bilaterale. La trincea tra Mosca e i suoi rivali si amplia.

E se a venire meno sarà anche il gancio del business, da sempre pontiere nella distensione tra i blocchi dopo la fine della Guerra Fredda, sarà difficile ricostruire quel clima di fiducia reciproca che appare irrimediabilmente compromesso.

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