Economia

Acciaierie di Sicilia chiude a causa del caro-energia

La fabbrica siderurgica che produce tondini per cemento armato è stata costretta a fermarsi nel mese di agosto a causa dei costi dell'energia: 500 lavoratori a casa e filiera in tilt

Acciaierie di Sicilia chiude a causa del caro-energia

Dopo le chiusure di giugno e luglio si ferma anche per tutto il mese di agosto Acciaierie di Sicilia, lasciando a casa 500 lavoratori tra diretti e indiretti, a causa del caro energia. Lo ha comunicato ieri ai sindacati la società del gruppo Alfa Acciai che a Catania produce tondini per cemento armato.

La fabbrica siciliana ha dovuto affrontare costi dell’energia dagli 80 euro a Mw di inizio anno ai 240 euro di fine aprile, sino ai picchi attuali di 550 euro Mw. Il fermo di Acciaierie di Sicilia comporterà, oltre al dramma per i lavoratori fermi, un ulteriore blocco per il settore dell’edilizia, già in forte difficoltà per la mancanza di acciaio.

L’azienda siderurgica siciliana è uno dei maggiori produttori nazionali di tondini per cemento armato per le costruzioni con una capacità produttiva intorno alle 500mila tonnellate e un volume d’affari di circa 150 milioni di euro. Alla crisi che ha colpito tutte le fabbriche energivore, per Acciaierie di Sicilia si aggiunge un costo ancora maggiore che tocca tutte le aziende ubicate nelle isole.

Per questo l’azienda insieme ai sindacati chiede l'immediato intervento del governo con una norma nel Decreto aiuti bis che possa contribuire a equilibrare sin da subito i costi energetici per gli energivori insulari, la cui competitività sul mercato è profondamente indebolita dalla situazione congiunturale. Tra le proposte in campo, quella di più semplice e immediata attuazione potrebbe essere una misura modulabile nel tempo che preveda l'aumento del credito d'imposta sull'energia elettrica dal 25 al 50 per cento per le aziende insulari energivore.

La legge in realtà c’è gia, ma mancano i decreti attuativi che deve fare il ministro Cingolani. “Manca lo strumento della cosiddetta superinterrompibilità dal 2018 - dice Giuseppe Caramanna della Uilm - quella compensazione, sollecitata anche recentemente da Sardegna e Sicilia, che consentirebbe di affrontare i costi elevati dell’energia. Solo questa misura permetterebbe di colmare il gap di trattamento con i super energivori della penisola. Nonostante gli sforzi dei governi regionali di Sicilia e Sardegna che con enorme impegno e determinazione hanno cercato di trovare una soluzione, la questione gap energetico con la Penisola a Roma non si vuole risolvere”.

Per il futuro Acciaierie di Sicilia sta gia lavorando ad un nuovo progetto con Enel Green Power per l’utilizzo dell’idrogeno verde chiamato “Sicilian Sustainable Steel”. Lo scopo è sostituire con l’idrogeno verde il 30% del gas naturale, attualmente impiegato nel forno di riscaldo del laminatoio, il quale soddisfa gran parte del fabbisogno energetico non elettrificabile dell’azienda: un modo per ridurre sensibilmente l’impatto ambientale della produzione di acciaio che in questo caso come materia prima utilizza gia il rottame. Per minimizzare ulteriormente gli impatti ambientali e i costi di gestione dell’impianto, la struttura per l’elettrolisi sarà posizionata in aree adiacenti lo stabilimento industriale. Rientra in questa ottica anche la candidatura della Sicilia per ospitare il Centro nazionale di alta tecnologia per l’idrogeno.

Il problema non riguarda solo la Sicilia ma anche le aziende energivore del Sulcis in Sardegna. In particolare la Portovesme srl, azienda di interesse strategico nazionale che produce zinco e piombo. Se non ci saranno novità sul fronte del costo dell'energia, la Portovesme srl ha già comunicato ai sindacati che a ottobre fermerà il 90% della produzione lasciando a casa oltre 1.000 operai tra lavoratori diretti e indiretti.

E anche in questo caso mandando al collasso tutta la filiera.

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